Veneto

Le Origini

Il lento scivolare delle gondole nella laguna e l’allegria delle maschere nelle calli veneziane a Carnevale, i vetri colorati di Murano ei merletti di Burano, le città d’arte e i piccoli borghi, le vette dolomitiche e le morbide colline vicentine costellate di ville palladiane, sono immagini che riportano immediatamente al Veneto, terra ricca di storia che custodisce tesori di ineguagliabile bellezza, che alla fine del XX secolo è stato il protagonista del cosiddetto miracolo economico del Nord-Est.
Intorno al 1000 a.C l’incontro tra le tecniche colturali dei Veneti, dei Reti e degli Etruschi, fece muovere i primi passi verso la coltivazione della vite, ma furono i Romani a dare grande impulso alla produzione e al commercio del vino, grazie alla realizzazione di molti porti fluviali.

Dopo le distruzioni seguite alle invasioni barbariche, i Longobardi furono gli artefici della rinascita della viticoltura e nel Medio Evo i mercanti della Serenissima resero il Vino de Venegia famoso in mezzo mondo.

Nonostante le antiche tradizioni vitivinicole, la platea ampelografica ha origini recenti e sono pochi i vitigni autoctoni sopravvissuti alla devastazione fillosserica del XIX secolo, concentrati nelle zone centro-occidentali della regione, mentre quelle centro-orientali hanno visto l’introduzione decisa di vitigni bordolesi e borgognoni.

Qualità e quantità spesso non vanno d’accordo, ma questa regione è un’eccezione.

Un vigneto cresciuto del 10% negli ultimi 10 anni e sempre più concentrato sui vitigni a bacca bianca, eccellenze indiscusse come l’Amarone e alcuni Passiti, primo posto in Italia nella produzione di vini a Denominazione di Origine e nell’export con un trend in continua crescita grazie soprattutto alle varie denominazioni di Prosecco fanno di questa regione uno dei poli trainanti della vitivinicoltura italiana.

Legata alla tradizione contadina e marinara, la cucina veneta è molto variegata, grazie ai mercanti della Serenissima che dall’Oriente portarono pepe, zenzero e zafferano, stimolando la fantasia dei cuochi locali.
Per iniziare il pasto in modo stuzzicante, i cicchetti veneziani, filetti di acciughe finger food farciti con un impasto di olive, capperi, origano e olio extra vergine di oliva Veneto DOP dei Colli Euganei e Berici, possono essere abbinati a un bicchiere di Conegliano Valdobbiadene-Prosecco Superiore Spumante Extra dry, mentre con le sarde in saor, fritte e con cipolla in agrodolce, uvetta e pinoli, si può provare un Soave Superiore.

Il clima ed il territorio

L’esteso territorio del Veneto, 18.407 kmq occupati per il 56.4% da pianura, 29.1% da montagna e 14.5% da collina, presenta un clima temperato subcontinentale, con inverni freddi ed estati calde e afose, ma con l’azione mitigatrice del Mare Adriatico e la protezione delle Alpi dai venti del nord. Le zone più settentrionali e la fascia pedemontana a ridosso dei rilievi, presentano invece un clima fresco con abbondanti precipitazioni.

I terreni sono molto variegati e permettono ai vitigni di esprimersi su diversi livelli qualitativi e con originale personalità.

Nei Monti Lessini, a cavallo tra le province di Verona e Vicenza,i terreni basaltici ricchi di ferro e magnesio offrono ai vini sapidità e freschezza, mentre tra Soave e Gambellara, le colline tufacee di origine vulcanica, con importanti affioramenti calcarei, esaltano la versatilità e le note minerali della garganega.
Sempre nelle province di Verona, Vicenza e Padova, i terreni sabbiosi della pianura sud-occidentale donano eleganza a numerosi vini bianchi, mentre quelli sabbioso-argillosi sono più adatti a produrre vini rossi dotati di colori vivaci, buona freschezza e da bere in gioventù.

Un discorso a sé meritano le zone limitrofe della sponda veronese del Lago di Garda, con un clima mediterraneo che fa maturare perfettamente i grappoli di corvina, rondinella e diversi altri vitigni, da cui si ottengono vini freschi e fruttati nei terreni morenico-glaciali della zana di Bardolino, mentre in Valpolicella, grazie a suoli più ricchi di argilla, arenarie e calcare, si producono vini di spessore e ricchi di colore, fruttati, speziati e minerali, su tutti il famoso Amarone della Valpolicella.

Nella pianura di nord-est, suoli ciottolosi e ghiaiosi offrono fragranza e note varietali ai vitigni a bacca bianca come il sauvignon, il verduzzo trevigiano e il friulano, mentre su quelli di matrice argillosa cresce bene il raboso, che dà vini complessi e di buona longevità.

La fascia pedemontana della Marca Trevigiana presenta suoli argillo-sabbiosi misti a calcare, che anche grazie alle escursioni termiche esaltano la freschezza della glera, da cui si ottengono le festose bollicine del Conegliano Valdobbiadene-Prosecco, mentre nel Montello e verso Breganze, i terreni più ricchi di argilla favoriscono lo sviluppo dei vitigni internazionali per la produzione di vini strutturati e con una buona predisposizione all’invecchiamento.

Zone vitivinicole

Il Veneto è la regione vitivinicola più estesa e produttiva del paese, nella quale si possono distinguere alcune macrozone principali: il Veronese, che si mette in luce con i vini di Bardolino, Valpolicella e Soave, il Vicentino con i vini di Gambellara e i Colli Berici, il Padovano con i Colli Euganei, la zona di Venezia con il Lison, il Trevigian0 con i vini del Piave e le numerose versioni di Prosecco.

La provincia di Verona è il cuore storico della viticoltura veneta e con circa 26.400 ettari di vigneto è la zona più importante per qualità dei vini e numero di denominazioni. Arrivando dal Trentino, una cintura di castelli e di forti sorveglia la vallata scavata dall’Adige e delimita oltre 1300 ettari di colline vitate della denominazione Valdadige Terradeiforti, a cavallo tra le province di Trento e Verona, dove sono valorizzati enantio e casetta, pinot grigio e chardonnay. L’enanti, già citato da Plinio il Vecchio, nel I sec. d.C. nella sua Naturalis Historia, parlando di viti selvatiche e coltivate a nord di Verona, cresce bene nei terreni sabbiosi della valle e in passato era utilizzato per migliorare il colore e la struttura dei vini quotidiani. Oggi, vinificato in purezza, esprime al meglio il suo carattere in vini ricchi di colore, struttura e tannini ben delineati. Il casetta, noto anche come foja tonda o maranella, dà ottimi vini di nicchia, soprattutto la Riserva, in cui l’invecchiamento in fusti di rovere riesce a domarne il carattere un po’rustico.

Proseguendo verso sud, le colline che si specchiano nella sponda orientale del Garda formano l’anfiteatro morenico di Rivoli Veronese, compreso tra Affi e Caprino Veronese, con un paesaggio dominato da olivi, agrumi e vigne: 3000 ettari di vigneti che si estendono a sud fino al Mincio, le terre del Bardolino.

I suoli morenici, i vitigni tradizionali come corvina, rondinella, molinara, rossignola e corvinone, le escursioni termiche tra il giorno e la notte, creano la combinazione ideale per ottenere il Bardolino Superiore Classico DOCG, primo vino rosso veneto ad ottenere questo riconoscimento nel 2001 e famoso anche all’estero, con sentori di ciliegia e frutti di bosco,oltre che di chiodi di garofano, cannella e pepe nero, con un finale appena ammandorlato. Un vino da provare con un piatto di tagliatelle al tartufo nero di Monte baldo e poche gocce di olio extra vergine di oliva Garda Orientale DOP.

Il Bardolino Chiaretto, rosa tenue o delicatamente cerasuolo, esprimenote fragranti di ribes e lampone, mirtillo e pompelmo rosa, con un accenno di macchia mediterranea, ed è perfetto con una polentina con verdure.

Dove le calde brezze del Lago di Garda incontrano l’aria fresca dei Monti Lessini, si trova uno dei territori a più alta vocazione vinicola del Veneto per la produzione di grandi vini rossi: la Valpolicella. Definita valle dalle molte cantine dai Romani o splendida contea dalla nobiltà veneta, presenta un clima mite che favorisce lo sviluppo di varietà autoctone come corvina, corvinone, rondinella e in misura minore molinara, forselina, negrara, oseleta e saorin, allevate con la tradizionale pergola veronese, che qui danno vini prestigiosi come l’Amarone e il Recioto, ma anche il Valpolicella Superiore e il Valpolicella Ripasso.

Le piccole valli scavate dai progni, i torrenti che scendono dai Monti Lessini, costituiscono la zona Classica di produzione dei vini della Valpolicella, formata da cinque aree geografiche in grado di produrre vini ben caratterizzati. Nell’areale di Sant’Ambrogio, con vigneti tra i 120-450 metri prevalentemente esposti a sud, da suoli ricchi di calcare si ottengono vini di acidità contenuta, ottima strutturae longevità. San Pietro in Cariano chiude a sud la zona Classica, prevalentemente pianeggiante con vigneti esposti a sud-est su terreni alluvionali, con vini di buona struttura e dotati di note speziate e balsamiche. Nella vallata di Fumane i vigneti si collocano per lo più nella fascia pedemontana, su terreni costituiti da rocce calcaree stratificate, dove si ottengono vini strutturati e morbidi, con note floreali e di buona longevità.La vallata di Marano, a nord-est, è tra le zone più coltivate, situata tra i 300-400 metri con suoli costituiti da vulcaniti basaltiche, e produce vini eleganti con intensi sentori di ciliegia e prugna secca, dotati di buona acidità. Infine la vallata di Negrar, che vanta il maggior numero di cruprestigiosi, con suoli argillo-limosi, da cui derivano vini eleganti e sapidi, di grande struttura e longevità.

Oltre a Recioto e Amarone, nella Valpolicella si producono altri vini, alcuni particolarmente interessanti. Il Valpolicella è da bere giovane, con un profumo vinoso e fragrante di marasche e fiori rossi, fresco, piacevolmente tannico e appena amarognolo, mentre il Valpolicella Superiore è più caldo e morbido, meno fresco e con profumi che richiamano il passaggio in legno. Decisamente più strutturato e morbido è il Valpolicella Ripasso, ottenuto con la tradizionale macerazione di 15-20 giorni delle vinacce fermentate dell’Amarone o del Recioto nel vino Valpolicella, che lo arricchisce soprattutto in polifenoli. Ulteriore intervento migliorativo può essere il rigoverno, cioè l’aggiunta al vino del 15% di mosto ottenuto da uve appassite oppure di mosto che sta fermentando per dare l’Amarone.

Uscendo dalla zona Classica del Valpolicella e andando verso est si arriva in Valpantena, con notevoli escursioni termiche tra giorno e notte e pendii ben esposti, dove si producono vini con tipiche note speziate e minerali. Nella parte più orientale della denominazione, in particolare a Illasi, produttori che investono soprattutto sulla qualità elaborano vini di buona struttura e morbidezza, profumati di spezie, frutti di bosco e fragole.

La sponda meridionale del Lago di Garda, che da Peschiera prosegue nel Bresciano attraversando Sirmione e Desenzano, è un susseguirsi di vigne che arricchiscono il territorio dell’antichissima Selva Lucana, una foresta acquitrinosa che copriva il territorio e da cui deriva il nome del Lugana, vino già apprezzato dal poeta Gaio Valerio Catullo. Ottenuto da trebbiano di Soave, qui chiamato turbiana, è un vino che esprime profumi eleganti di fiori bianchi e agrumi, mele e albicocche, con accenti minerali, discretamente morbido, sapido e strutturato, che si sposa a meraviglia con il coregone ripieno con polenta.

Tra il lago e la pianura verso sud, si entra nella denominazione Custoza, scenario della I e ll Guerra di Indipendenza, dove da garganega, trebbiano toscano e trebbianello, biotipo locale di friulano, con molti altri vitigni locali e internazionali, si produce il Bianco di Custoza DOC, delicato e snello, da apprezzare in gioventù.

La pianura tra le province di Verona e Vicenza continua con la DOC Arcole, in un territorio modellato dall’Adige, che ha contribuito alla sedimentazione di ghiaie, sabbie e limo, che a loro volta hanno favorito la coltura della vite. A sud-ovest si producono Pinot bianco e Pinot grigio, Chardonnay e Garganega, vini delle sabbie dotati di profumi delicati e moderata nota alcolica, freschi e di buona sapidità. Vicino ai Colli Berici, terreni più argillosi danno vita a Merlot, Cabernet e Carmenére di grande carattere, oltre al Nero d’Arcole DOC, un taglio bordolese elaborato da uve in parte appassite, compatto e potente ma elegante, ottimo con una tagliata al rosmarino.

I Monti Lessini, a nord di Arcole, sono una zona collinare e montana che abbraccia le province di Verona e Vicenza. I contorni aguzzi dei rilievi, patria del durello coltivato in 460 dei 530 ettari della denominazione, svelano la natura vulcanica di questo terroir, che si trasferisce nella spiccata sapidità dei vini. Il Durello era conosciuto come un vino aspro e duro, ma oggi lo Spumante Lessini Durello DOC é proposto come metodo Martinotti, più morbido e fresco, oppure come metodo Classico, più strutturato e complesso. Oltre a varietà locali e internazionali, l’esigente pinot nero ha trovato nella frescura di questi monti un habitat favorevole, con belle sfumature di frutti di bosco.

Scendendo dai Monti Lessini lungo il versante veronese si giunge nella zona di Soave, splendido borgo medievale cinto da mura turrite, dalla cui Rocca si dominano le dolci colline circostanti. Terra di vini conosciuti sin dall’antichità, la sua fama si è sviluppata all’inizio del ‘900, sui mercati nazionali ed esteri, fino a ottenere il prestigioso primato di vino bianco italiano più esportato e l’ambita qualifica di eminente Classico vino bianco
d’Italia. II Recioto di Soave è stato il primo vino veneto a ottenere nel 1998 la Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Sono circa 6600 gli ettari di vigneto che fanno di Soave la denominazione italiana che produce la maggiore quantità di vini bianchi fermi. Nei rilicvi collinari delle valli d’Alpone, del Tramigna, dell’llasi e di Mezzane, dove coesistono terreni vulcanici e calcarei, ricchi di fossili marini, la garganega ha creato nei secoli una simbiosi ideale tra ambiente e vitigno e dà grandi vini bianchi dalla spiccata personalità vulcanica, a volte con sentori più minerali su uno sfondo di macchia mediterranea e pesca, ananas e kiwi, agrumi e melone, a volte più di fiori e mela limoncella.

Il Soave Classico DOC è il vino più ambizioso, ottenuto nella fascia collinare dei comuni di Soave e di Monteforte d’Alpone, dove la coltivazione della vite si estende su oltre 1800 ettari dei circa 2000 del territorio comunale. Delicato nei profumi di biancospino, mela limoncella ed erbe mediterranee, fresco e sapido, si abbina bene, per esempio, con il lucioperca con salsa di barbabietole. Più strutturato e di buona capacità evolutiva, il Soave Superiore DOCG mantiene la base ampelografica storica, con almeno il 70% di garganega, un po’ di trebbiano di Soave che regala struttura, oltre a chardonnay e pinot bianco. Il profumo è segnato da una netta impronta minerale, con note di ginestra e frutta tropicale, l’assaggio è strutturato e con un lungo finale ammandorlato. Un vino perfetto con coniglio nalle erbe o rotolini di salmone con caviale. E poi il Recioto di Soave, ottenuto da grappoli posti ad appassire sui graticci oppure picai, appesi a fili, per favorire lo sviluppo della Botrytis cinerea e ottenere un vino dorato, concentrato e con un bouquet ricco di sentori di frutta disidratata, miele e fiori di arancio, dolce, vellutato e con un inconfondibile finale di mandorla.

La continuità territoriale tra la zona di Soave e la provincia di Vicenza è rappresentata dalla coltivazione della garganega, il vitigno-simbolo di Gambellara, che su terreni calcarei e argillosi dà vini di grande qualità. II Gambellara e il Gambellara Classico DOC sono freschi e delicati, con note di fiori di sambuco e un piacevole finale ammandorlato, da provare con crema di porri al finocchietto.  II Recioto di Gambellara DOCG, dorato, ricco nei profumi di miele, marzapane, uvetta, marmellata di arance e zucchero candito, è ideale con dei biscottini con noci e mandorle, mentre lo Spumante, con ricordi di mimose e ginestre, pesche e ananas, fresco e dolce, è da provare con una millefoglie alla crema.

Molto ricercato è il raro Vin Santo di Gambellara, unico della regione, vinificato solo nelle annate migliori, ambrato e intensamente profumato di frutta candita. Un ottimo vino da conversazione.

La zona pedemontana del Vicentino, dalla vallata dell’Astico fino alle rive del Brenta, è il territorio dei vini di Breganze, 400 ettari in cui il terreno vulcanico e morenico e il clima mite e asciutto esaltano le doti di vespaiola e gruaja, marzemino, groppello e pedevenda, ma anche dei consueti vitigni internazionali, oltre al friulano.

Dalla vespaiola si ottiene il Vespaiolo, fresco e di buona struttura, ottimo con uova e sparagi di Bassano, ma soprattutto il Torcolato, elaborato con i grappoli più spargoli attorcigliati, in dialetto torcoloti, a coppie di spaghi appesi alle travi delle soffitte. Dorato o ambrato, ricco di sentori di fiori d’arancio e frutta candita, rose appassite e uva passa, miele e spezie, con diverse sfumature di dolcezza, si abbina perfettamente con la tarte tatin. E può invecchiare anche 20 anni.

In questa zona, il pinot nero vanta una superficie coltivata tra le più estese d’Italia e dà vini con sentori di ribes e fragoline di bosco, humus e toni minerali, ottimo con un piatto di tagliatelle al ragù di agnello, anche se i vini di punta della zona sono il Cabernet e il Breganze Rosso, blend di cabernet e merlot, con colori più profondi e note vegetali e di confetture.

A sud di Vicenza, in una alternanza di pianura e collina, si estende il comprensorio dei Colli Berici, un polmone verde ricco di ville palladiane, capolavori di architettura come Villa Almerico-Capra detta La Rotonda e Villa Valmarana detta Ai Nani, i cui vigneti rendono il paesaggio ancora più suggestivo. Qui, oltre a numerosi vitigni internazionali, si coltivano tai, garganega e manzoni bianco. Il vino-simbolo è il Tai Rosso che, nella più antica zona di origine, tra le colline di Barbarano Vicentino, prende il nome di Barbarano, equilibrato e con note di spezie e lampone, ottimo con il prosciutto crudo Veneto Berico-Euganeo DOP. Rosso rubino trasparente, con fragranti ricordi di ciliegia e lampone, viola e spezie, è un vino fresco, soprattutto quello di Lonigo, grazie alla maturazione più precoce delle uve, discretamente strutturato e tannico, con un elegante finale di mandorle e rosa canina, da provare con una tartare di manzo.

Dai Colli Berici, volgendo lo sguardo verso est, si scopre la vasta pianura padovana, interrotta da un centinaio di colline che raggiungono i 600 metri con una caratteristica forma conica, i Colli Euganei. Ottime esposizioni e rocce sedimentarie marine, calcaree e vulcaniche ricche di acidità, rendono possibile la coltivazione di numerosi vitigni nei circa 2000 ettari dell’omonima denominazione. Qui si coltivano soprattutto moscati, su tutti il giollo, da cui si ottiene il Moscato Fior d’Arancio DOCG dall’inconfondibile profumo di zagara. Lo Spumante è dolce e avvolge con una nuvola di aromi citrini, il secco regala un bouquet di fiori bianchi, erbe aromatiche e albicocca, il Passito conquista con profumi di frutta candita e miele, fino a note di spezie e smalto.

Vini tipicamente locali sono il Pinello, ottenuto dall’autoctona pinella, con un delicato profumo floreale, e il Serprino, da serprina, sinonimo di glera, frizzante o spumante, fine e delicato, il vino della primavera che accompagna tramezzini e torte salate con erbe aromatiche. Vini leggeri e profumati si ottengono anche da garganega, tai, manzoni bianco, pinot bianco, chardonnay e sauvignon, utilizzati anche in uvaggio.

A parte il raboso e il marzemino, che danno vini freschi da bere in gioventù, si ottengono ottimi vini di taglio bordolese, concentrati e ricchi di sentori di confetture e frutta sotto spirito, spezie dolci e folate vegetali che ricordano il cappero e il peperone, da abbinare, per esempio, con il cinghiale al timo.

Al confine con la provincia di Verona, la pianura padovana ha una viticoltura relativamente recente e trova nel comune di Merlara il suo punto di riferimento.
L’Adige e il Fratta hanno creato suoli ricchi di argilla, limo e sabbia, che esaltano le doti della glera, anche in questa zona base del Prosecco DOC. Tai, Malvasia, da malvasia istriana, qui molto diffusa, Refosco, Raboso e Marzemino Frizzante, oltre a vini elaborati da vitigni internazionali, sono piuttosto delicati e di pronta beva.

Molto più antica è la coltivazione della vite nella pianura sud-orientale compresa tra le province di Padova e Venezia, nelle attuali denominazioni Bagnoli e Corti Benedettine del Padovano: Plinio, assaggiando i vini del territorio, li aveva trovati di un saporem alienum, cioè diverso. I monaci benedettini, dopo l’anno 1000, furono i protagonisti di uno straordinario rilancio della viticoltura. La variabilità dei terreni consente di ottenere vini di ottima qualità dai consueti vitigni internazionali, oltre a Carmenère, Refosco dal peduncolo rosso e Tai, ma anche da uve molto particolari come turchetta, corbina, cavrara tra quelli a bacca nera e marzemina bianca o sciampagna a bacca bianca.

L’uva storica è però il friularo, varietà autoctona appartenente alla famiglia del raboso, che in autunno inoltrato, con i suoi grappoli scuri e compatti, colora i vigneti di Bagnoli di Sopra, maturando lentamente e concentrando zuccheri, spiccata acidità, che offre grande versatilità e profumi. Il Bagnoli Friularo Vendemmia Tardiva DOCG, ottenuto con almeno il 60% delle uve raccolte e vinificate dopo l’estate di San Martino, è strutturato, fresco e tannico, con piacevoli sentori di marasca e di viola, ottimo con l’oca in onto e l’anguilla ai ferri, il Bagnoli Friularo Passito DOCG, molto morbido, è da provare con il cioccolato fondente, mentre i freschi ed eleganti Spumanti Metodo Classico si appezzano con il baccalà mantecato o con un’insalata di asiago con melagrana, scorza di arancia caramellata e tartufo nero.

Seguendo la statale che collega Padova con Venezia, si attraversa l’incantevole Riviera del Brenta, definita nel ‘700 un borgo di Venezia, per il suo ideale proseguimento con il Canal Grande, che eredita l’antica cultura viticola legata sia all’Impero Romano sia alla Repubblica Veneta.
La base ampelografica valorizza tai, refosco dal peduncolo rosso e molti vitigni internazionali, anche se i più alti livelli qualitativi sono raggiunti dal Riviera del Brenta Raboso DOC, con un colore rosso rubino concentrato, austero e dotato di grande freschezza, da provare con pasta e fagioli.

Alle porte di Venezia e a pochi chilometri dalle spiagge di Jesolo e Bibione, si estende verso nord-est la fertile pianura vitata della denominazione Lison-Pramaggiore, circa 3500 ettari tra le province di Venezia, Treviso e Pordenone. La vicinanza del Mare Adriatico, i venti costanti, un terreno dalla tessitura fine e ricco di carbonati, localmente chiamati caronto, rendono quest’area vocata per la produzione di vini pregiati e ricchi di sostanze aromatiche. Inoltre, rappresenta una delle maggiori realtà nazionali per la viticoltura biologica. Merlot, Cabernet, Malbech e Carmenère sono vini rossi che danno Riserve di un certo pregio, mentre il Refosco dal peduncolo rosso mantiene il legame con il vicino Friuli-Venezia Giulia, offre un intenso colore violaceo, profumi freschi di lamponi e visciole su sfondo erbaceo, struttura e tannini pronunciati.

Interessanti Chardonnay, Pinot grigio e Sauvignon, freschi e dotati di un elegante corredo olfattivo, sono da gustare giovani con il risotto con l’anguilla. Ma il vino più famoso è il Tai, che ha ottenuto il riconoscimento della DOCG con il Lison e il Lison Classico.

Giallo paglierino con riflessi verdolini e profumi che ricordano pesca e mela golden, lavanda e gelsomino, fresco e gradevolmente morbido, con un leggero sentore di mandorla amara, si può abbinare al dentice al forno con erbe aromatiche.

Infine il Verduzzo, con vivaci sfumature verdoline, è ricco di note di pera e albicocca con stuzzicanti accenti citrini nella versione secco, ottimo con ravioli di ricotta ed erbette, più morbido e avvolgente in quella dolce.

La provincia di Treviso, con circa 30.148 ettari è la più vitata del Veneto. La vasta pianura del Piave costituisce il territorio dei Vini del Piave DOC, una delle più estese dell’italia settentrionale, con 50 comuni nelle province di Treviso e Venezia.

Scendendo lungo il Piave, i terreni sono marnosi a ovest del Montello, poi diventano ricchi di scheletro e ghiaia, le grave del Piave, fino a quelli misti e, infine, di prevalente costituzione argillosa. Merlot, cabernet e carmenère sono i vitigni a bacca nera piú diffusi ma il più radicato è l’autoctono raboso piave, che dà l’austero Piave Raboso, con profumi di violetta, amarene e more di rovo, dotato di spiccata acidità e spesso di rustica tannicità, da abbinare al lengual, un cotechino fatto con la lingua salmistrata del maiale. Più raffinato è il Piave Malanotte DOCG, dal nome di un piccolo borgo medievale situato a Tezze di Piave, robusto e concentrato, con note speziate e balsamiche, decisamente più morbido per l’appassimento cui è sottoposta una parte delle uve.

Sempre nella denominazione Piave, oltre a Malbech, Carmenère, Cabernet, Merlot, Tai e Chardonnay, si ottiene l’interessante Manzoni bianco, da incrocio manzoni 6.0.13, con note di frutta esotica ed erbe aromatiche, buona struttura, freschezza e discrete potenzialità evolutive, da provare con un piatto di scampi crudi marinati all’arancia. Altrettanto gradevole è il Verduzzo, da verduzzo trevigiano, con profumi di pesca, melone, ananas e discreta freschezza, buona con verdure in pastella fritte e formaggi di capra con erbe aromatiche, mentre il morbido Verduzzo Passito, con profumi intensi di frutta candita e miele, è da provare con il piave mezzano DOP.

Sulla sponda destra del Piave, da Nervesa della Battaglia fino alla bellissima Rocca di Asolo, ai piedi del Monte Grappa, l’area del Montello e dei Colli Asolani è favorita dal microclima e dalla composizione ghiaiosa e argillosa del terreno. Accanto all’Asolo-Prosecco DOCG, punta di diamante della denominazione, e ai vini bianchi ottenuti da vitigni internazionali, si stanno di recente valorizzando manzoni bianco e bianchetta trevigiana, con risultati incoraggianti, oltre che i sempre più rari autoctoni recantina e grappariol o rabosina bianca. Cabernet, Merlot e Carmenère sono i vini di maggiore personalità, oltre al Venegazzù, un rosso di taglio bordolese ben strutturato.

Fiore all’occhiello della denominazione é il Montello Rosso DOCG, rosso rubino tendente al granato, con intensi accenti di marasca e lievemente erbacei, balsamici ed eterei se invecchiato, sapido e robusto, che può accompagnare il capriolo al coriandolo.

Abbandonando la pianura verso nord, la Marca Trevigiana è un insieme di catene collinari che salgono fino a 500 metri comprese tra Conegliano e Valdobbiadene, protette a nord dalle Dolomiti. Questo é il regno della glera, da cui si ottengono diverse denominazioni di prosecco, il vino che ha saputo conquistare il mercato italiano ed estero.
Sempre nella zona di Conegliano, autentiche rarità sono il Colli di Conegliano Bianco, ottenuto soprattutto da incrocio manzoni, chardonnay, sauvignon e riesling, elegante nei profumi di fiori e frutta esotica e di buona struttura, così come il Colli di Conegliano Rosso, uvaggio di cabernet franc e sauvignon, marzemino, merlot ed eventualmente manzoni 2.15, incrocio tra glera e cabernet sauvignon.

Vere chicche, i Passiti.
Il Torchiato di Fregona DOCG è prodotto da glera, verdiso e boschera. Nel periodo di Pasqua, i grappoli sono posti nell’ormella per essere schiacciati con un cilindro di legno chiamato becanéa e il mosto denso è messo a fermentare in piccole botti di castagno o di acacia. Il verdiso dona corpo e struttura, addolcito dalle note fruttate della glera, mentre la boschera dona una piacevole nota ammandorlata. Sfumature che vanno dall’oro all’ambra se affinato in piccole botti scolme, intensi tocchi fruttati e di miele di acacia, e il caratteristico finale speziato e ammandorlato, lo rendono ideale con una cialda caramellata alle pesche.

Il Refrontolo Passito DOCG è invece vinificato nel periodo natalizio,dopo un appassimento dei grappoli di marzemino su graticci. Rubino con riflessi violacei, profumato di viola, marasca, mora di rovo e spezie dolci, vellutato e dolce, strutturato ed equilibrato, è da abbinare con una mousse di frutta esotica e salsa al papavero.

Vitigni

Con una superficie vitata di quasi 78.200 ettari, nel 2013 il Veneto si pone al primo posto della produzione nazionale con circa 8.989.000 ettolitri di vino, il 52.7% DOP e il 40.7% IGP, rappresentato per il 70% da vini bianchi. Inoltre, quattro DOC venete sono tra le prime dieci per produzione: Prosecco, Valpolicella, Conegliano Valdobbiadene e Soave.

I sistemi di allevamento più diffusi sono guyot e sylvoz, con una propensione verso l’infittimento degli impianti, anche se resistono forme tradizionali come la pergola, il tendone veronese e le cortine, oltre a quella a cappuccina per la glera nelle colline di Conegliano e Valdobbiadene; nelle pianure trevigiana e veneziana si trova ancora il bellussi o raggi, anche con soli 1000 ceppi/ettaro, che dà notevole vigoria alla pianta e riduce il rischio di gelate. Circa il 60% del vigneto è collocato in pianura, occupato soprattutto da glera, garganega e pinot grigio, mentre tra quelli a bacca nera prevalgono merlot, corvina veronese e rondinella.

La glera (27.7%), sinonimo di prosecco introdotto dopo il riconoscimento del Prosecco DOC nel 2009, è il vitigno più diffuso in Veneto, simbolo della sua moderna viticoltura. Proveniente da Prosecco, paese del Triestino dal quale prende il nome, a partire dal 1876, anno della fondazione della Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano, questo vitigno ha trovato l’habitat ideale nelle colline trevigiane, dove si sono diffusi diversi biotipi, attualmente riconducibili al prosecco tondo e prosecco lungo. I suoi grappoli grandi, lunghi e spargoli, a maturazione tardiva, con piccole percentuali di vitigni autoctoni come verdiso, bianchetta e perera, danno vini agili, freschi e piacevoli, profumati di frutti a polpa bianca e fiori bianchi.

L’uva a bacca bianca più importante per la produzione di vini fermi di qualità è la garganega (13.1%), portata in Veneto dagli Etruschi, che oggi domina le colline di Soave e di Gambellara. Nonostante il lungo sviluppo biologico e le produzioni generose, le uve offrono ai vini un interessante equilibrio tra estratto, zuccheri e acidi, oltre a gradevoli sfumature di fiori di sambuco, frutta matura, tè e fieno, con ottima freschezza e finale ammandorlato; nei suoli calcarei prevalgono sentori floreali e di mela limoncella, in quelli vulcanici note minerali e di frutta esotica. La buccia dura, quasi rossastra quando è matura, rende la garganega adatta all’appassimento, e dà due vini famosi come il Recioto di Soave e il Recioto di Gambellara, il cui nome richiama il termine dialettale recia, cioè la parte più alta del grappolo, meglio esposta ai raggi del sole e quindi più ricca di zuccheri e sostanze estrattive.

Il verduzzo trevigiano (1%) è attualmente in fase di rilancio, dà lievi profumi di pera e albicocca matura e un sapore piacevolmente citrino, ed è diffuso nelle province di Treviso e Venezia, dove si distingue dal verduzzo friulano o dorato, per le evidenti sfumature verdoline che offre al vino.

Il manzoni bianco o incrocio manzoni 6.0.13 è stato ottenuto da riesling renano fecondato con polline di pinot bianco negli anni ’30 dal Professor Luigi Manzoni, nell’ambito di un programma di miglioramento genetico dell’Istituto Tecnico Agrario di Conegliano. Questo vitigno concentra acidi e zuccheri e dà una forte impronta varietale di fiori bianchi e frutta tropicale, ma la scarsa produttività ne ha limitato la diffusione: in Italia sono solo circa 430 gli ettari vitati e, di questi, 361 si trovano in Veneto, soprattutto nel Trevigiano.

Conosciuto anche come pavana bianca, pignola bianca e trevisanela, la bianchetta trevigiana è un vitigno che, data la maturazione precoce, era utilizzato per ingentilire il Prosecco nelle annate più fredde. Raramente vinificato in purezza, dà un vino semplice e fresco.

Il durello o durella è un vitigno antico riconducibile alla durasena, già citata alla fine del ‘200 e probabilmente prende il nome dalla buccia coriacea dei suoi acini, anche molto ricca in tannini. Dotato di buona vigoria e capacità di adattamento a terreni di origine vulcanica, è diffuso soprattutto nei Monti Lessini, in provincia di Vicenza e Verona.

Grazie all’ottimo corredo in acidita, è impiegato per la produzione di spumanti metodo Classico e Martinotti, ai quali regala richiami di gesso e iodio tipici del terroir, oltre a note di sambuco, biancospino ed erbe selvatiche.

La vespaiola o bresparola è un vitigno autoctono coltivato in qualche decina di ettari nella zona di Breganze, il cui nome sembra derivare dalla predilezione delle vespe per la ricchezza in zuccheri di queste uve, da cui si ottengono vini secchi freschi e soprattutto il delizioso Torcolato.

Oltre al moscato bianco, più nobile e con buccia sottile, utilizzato per la produzione di vini dolci, spumanti o passiti dall’inconfondibile aromaticità, si trova soprattutto il moscato giall0, con buccia più spessa, coltivato nell’area dei Colli Euganei, qui chiamato sirio, a ricordarne la provenienza dal bacino orientale del Mediterraneo, o fiori d’arancio per l’inconfondibile profumo di zagara dei suoi vini.

I vitigni internazionali si sono ritagliati uno spazio di un certo interesse: pinot grigio (10.2%) e bianco (1.2%) danno vini freschi e fini, più strutturati e profumati, con tipici ricordi varietali o vanigliati se elevati in barrique e se ottenuti da chardonnay (3.8%) e sauvignon.

I vitigni a bacca nera risentono fortemente dell’influenza bordolese: merlot, cabernet sauvignon e franc, sono le varietà su cui si è puntato per il rinnovamento del vigneto dopo la devastazione fillosserica, alle quali si sono aggiunti pinot nero, carmenère e malbec.

Fino a qualche decennio fa il merlot (9.6%) era il vitigno più coltivato in Veneto, oggi lo é tra quelli a bacca nera. Vinificato in purezza dà vini morbidi, fruttati e vegetali, da bere in gioventù, ma che acquistano struttura e complessità nelle versioni Riserva, specialmente dopo la permanenza in legno.

Cabernet sauvignon (4.3%) e cabernet franc (3.1%) seguono la stessa filasofia produttiva, anche se i migliori risultati si ottengono dal classico taglio bordolese oppure con il metodo veneto dell’appassimento parziale.

Un discorso a sé merita il carmenére, perché l’Italia, con la provincia di Treviso, è il secondo produttore al mondo dopo il Cile. Confuso per più di un secolo con il cabernet franc, di recente ha visto riconoscere la propria originale identità, che offre una buona struttura e un profumo tipicamente erbaceo, con sentori di more e pepe nero.

Ancora più significativi sono i vitigni che rientrano nell’uvaggio del prezioso Amarone.

La corvina (8.3%) o cruina o corbina o corniola, è la varietà principale e piùpregiata negli uvaggi del Valpolicella e del Bardolino. Le sue doti migliori? Colore, acidità, concentrazione e ottima resa in appassimento, sentori di viola e un’inconfondibile nota di ciliegia.

La rondinella (3.5%), il cui nome deriva dal colore nero-violaceo della buccia che ricorda la livrea delle rondini, dà sapidità e struttura, mentre la molinara (0.7%), presente esclusivamente nel Veronese, offre una buona mineralità e deve il nome alla grande quantità di pruina sugli acini, che sembrano cosparsi di farina bianca.

Il corvinone (1.2%) o cruinon, è un vitigno facoltativo dei vini della Valpolicella ed è coltivato in circa 900 ettari, con caratteristiche simili al precedente, con acini grossi, buccia spessa e pruinosa e buona attitudine per l’appassimento.

La dindarella o pelara con il grappolo talmente spargolo da farlo sembrare pelato, regala note speziate,e l’oseleta, vecchio vitigno veronese da poco rivalutato, con acini molto piccoli e buccia tenace, dà colore e tannicità.

A questo ampio ventaglio di vitigni, sono stati aggiunti di recente sangiovese, merlot, cabernet sauvignon e franc e teroldego.

Tra i vitigni autoctoni a bacca nera presenti nelle zone centro-orientali della regione sono da citare il raboso, il marzemino e il tocai (tai) rosso.
Di origini antichissime, il raboso (0.9%) è diffuso soprattutto nell’area del Piave. Il nome pare derivare da rabioso o sgarboso, per il carattere rustico e forte del vino, oltre che dall’omonimo affluente del Piave.
Quasi mille ettari dedicati al biotipo raboso piave o nostrano, soprattutto nel Trevigiano e nel Padovano, danno vini di grande struttura e tannicità, profumati di violetta, marasca e more, spezie e tabacco con l’evoluzione.

Esigua è invece la presenza di raboso veronese, meno ricco in acidità e tannicità, che pare nato da un incrocio spontaneo tra il raboso piave e la marzemina bianca.

Nel Padovano, il raboso è conosciuto con il nome di friularo o friulara, dal dialetto frigoearo, che deriverebbe dal latino frigus, cioè freddo, come il clima all’epoca della sua vendemmia tardiva.

Il marzemino, che forse si è diffuso dal Veneto in Trentino, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, è un vitigno vigoroso e si esprime bene in climi con forte escursione termica, dove dà vini leggeri e fruttati, ma anche, a volte, vini unici come il Refrontolo Passito.

Il tai rosso è un vitigno esclusivo dei Colli Berici, nel Vicentino, che interpreta in modo diverso il terroir. Conosciuto fino al 2007 come tocai rosso per le presunte origini ungheresi, è più probabile che provenga dalla Provenza, perché si sono individuate affinità genetiche con il grenache, la garnacha, il cannonau, l’alicante e la vernaccia nera.

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Il vitigno denominato Incrocio Manzoni 6.0.13 rappresenta un sinonimo per per i vitigni Manzoni bianco. Clicca sul nome dei vitigni per accedere alla scheda completa […]

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Amarone della Valpolicella DOCG

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Bardolino Superiore DOCG

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Produttori

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Vini

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