Sicilia

Le Origini

Territorio affascinante ed enigmatico, ricco di storia, arte e cultura, la Sicilia si esprime a tinte forti, come il blu del mare profondo e il nero delle pendici dell’Etna, il fucsia delle bouganville e il rosso dei fichi d’India maturi, il carattere dei suoi abitanti e delle sue specialità enogastronomiche.

Le tradizioni enologiche della Sicilia risalgono all’VIII secolo a.C., quando i Greci portarono il sistema di impianto ad alberello e vitigni quali la malvasia, il corinto nero, il grecanico e altri ancora.

Dopo alterne vicende, solo dagli anni ’50 si sono verificate trasformazioni significative nel vigneto siciliano. Un’economia viticola povera ma molto estesa, dominata dai vitigni a bacca bianca, produceva molti milioni di ettolitri di mosti e vini ricchi di alcol etilico destinati al taglio dei vini leggeri del Centro-Nord Italia e del Nord Europa, in particolare francesi. Negli anni ’70 la Francia interrompe le importazioni di vino dal Maghreb, e la Sicilia, alla fine di quel decennio, produce 12 milioni di ettolitri di vino e ne esporta proprio in Francia quasi la metà. La successiva perdita dei mercati francese e russo, ha portato negli anni ’80 a un massiccio ricorso alla distillazione.

La moderna enologia isolana prende corpo solo dal 1990. L’Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia, grazie alla consulenza di esperti di chiara fama, si impegna nella ricerca e nella sperimentazione e coinvolge le aziende emergenti con una ricca dotazione di impianti di microvinificazione. Varietà tradizionali impiegate per la produzione di vini di massa, come i catarratti e il trebbiano toscano, hanno subito un forte ridimensionamento a favore di nero d’Avola, chardonnay, syrah, merlot e cabernet sauvignon. I vigneti sono stati riposizionati in aree vocate, si sono riscoperti varietà e cloni autoctoni di qualità, si sono notevolmente migliorate le tecniche di cantina e si è introdotto l’uso della barrique, che in alcuni casi ha rischiato di prevalere un po’ sul carattere del vitigno. Oltre a questo, sono state fondamentali le vincenti strategie di marketing anche sui mercati internazionali, che hanno richiamato investimenti da parte di prestigiose case vitivinicole italiane.

La storica interazione tra le culture normanna e sveva, ellenica e araba, ha dato vita nel corso dei secoli alla ricca e variegata gastronomia siciliana, insaporita da aglio e cipolla, basilico e origano, prezzemolo e rosmarino, alloro e zafferano. Influenze nordafricane si riflettono nel cous cous, semola di grano duro preparata con brodo di pesce, verdure o carne salsata, mentre tutto siciliano è il carattere forte della pasta con le sarde, finocchietto, uva passa e pinoli, che si abbina bene con un Etna Bianco da carricante.

I pescherecci di Mazara del Vallo forniscono la materia prima freschissima per i famosi involtini di pesce spada e il tonno alla ghiotta, perfetti con un bicchiere di Alcamo Bianco da catarratto e inzolia, mentre le salsiccette alla palermitana e il capretto in umido sono da provare rispettivamente con un Monreale Nero d’Avola e con un Cerasuolo di Vittoria.

Dolcetti di marzapane, cannoli e cassata siciliana, dolci ricchi a base di ricotta e frutta candita, trovano il compagno ideale in un sorso di profumato Passito di Pantelleria.

E per rinfrescare un torrido pomeriggio nelle magiche atmosfere di Salina o Stromboli, si può pensare a una favolosa granita di frutta oppure, per una prima colazione un po’ originale, a una granita di caffè con panna e brioche!

Il clima ed il territorio

L’isola del sole è la più estesa regione italiana e la maggiore isola del Mediterraneo, con quasi 26.000 kmq delimitati da oltre 1100 chilometri di coste che allungano lo sguardo sugli incantevoli arcipelaghi delie Eolie, delle Egadi, delle Pelagie, di Pantelleria e Ustica.

Il territorio è prevalentemente collinare (61.4%) e montuoso (24.4%).

Il clima è mediterraneo, con estati calde e inverni miti, mentre nell’interno è continentale, a tratti addirittura alpino nelle colline delle Madonie e nelle zone vinicole più alte dell’Etna. La grande eterogeneità climatica premia tuttavia la coltivazione della vite in ogni zona e permette di creare una piattaforma produttiva ampia e multiforme. Le piogge sono scarse lungo le coste meridionali e nelle limitrofe zone interne, dove i vigneti spesso necessitano di irrigazione di soccorso.

La zona nord-orientale dell’isola è in prevalenza montuosa, dominata dal massiccio vulcanico dell’Etna, con terreni formati dallo sgretolamento della lava e da lapilli, ceneri e sabbie, sui quali si esprimono bene i nerelli e il carricante, mentre in quella sud-orientale i terreni di natura calcarea sedimentaria, vulcanica e tufacea sono ideali per la coltivazione del nero d’Avola.

La Sicilia centro-meridionale è prevalentemente collinare, con rilievi che raggiungono gli 800 metri e suoli misti nei quali si adattano bene varietà tradizionali e internazionali, mentre quella 0ccidentale, collinare e pianeggiante, ventilata e soggetta a siccità, con argille e arenarie, tende a dare vini intensi e colorati.

Nelle Isole Eolie e Pantelleria, sferzate dallo scirocco e dal maestrale, si trova il tufo grigio di matrice vulcanica, costituito da lapilli e lave, che contribuisce ad arricchire il corredo di profumi della malvasia di Lipari e del moscato di Alessandria.

Zone vitivinicole

La Sicilia del vino è un vero e proprio continente e la vendemmia dura oltrevtre mesi, dai primi di agosto nelle province occidentali per le uve a bacca bianca, fino a ottobre e a volte oltre la metà di novembre per la raccolta delle uve sull’Etna.

In un ipotetico percorso che parte dalla punta occidentale dell’isola, le principali zone vitivinicole sono: il Trapanese, in cui spicca la produzione del Marsala, la zona centrale, con il Palermitano, l’Agrigentinoil Nisseno, un grande vigneto popolato da vitigni autoctoni e internazionali, il Messinese e l’area etnea, caratterizzati rispettivamente da terreni sabbiosi e calcareo-argillosi e da terreni vulcanici e, infine, quelle siracusana e ragusana, più concentrate su vitigni a bacca nera tradizionali.

Vitigno simbolo del Trapanese è il grillo, allevato nei terreni sabbiosi o rocciosi della costa tra Marsala e Mazara del Vallo, fino alle colline calcareo-argillose lungo la Strada dell’Alcamo DOC. In questo grande distretto vinicolo, diversificato sia nel paesaggio sia nella produzione, si ottengono interessanti vini bianchi di nuova concezione, sempre più freschi e beverini, da grillo, inzolia, catarratto e grecanico, oltre a rossi elaborati da nero d’Avola e da numerose varietà internazionali, oggi meno concentrati e più eleganti.
E soprattutto è la zona in cui è prodotto il Marsala DOC, il vina liquoroso più famoso d’Italia.

II Marsala è un vino liquoroso che gode di grande notorietà, anche se a
volte è un po’ sottovalutato sotto il profilo qualitativo, a causa di una discutibile politica produttiva che lo ha coinvolto dagli anni ’30 fino alla rivisitazione del suo disciplinare negli anni ’80. In realtà, alcuni Marsala possono assolutamente competere con i migliori Sherry e Porto, dotati di maggiore appeal sia all’estero sia nel nostro paese.

DOC dal 1969, il Marsala è prodotto sull’estrema punta occidentale dell’isola, a scrutare le coste africane, tra saline e mulini a vento. In terreni assolati e temperati da dolci brezze marine si estendono i vigneti di grillo, catarratto, inzolia e damaschino, per la produzione dei Marsala Oro e Ambra, i primi conciati con vino, alcol e mosto alcolizzato, i secondi anche con mosto cotto, mentre da nero d’Avola, nerello mascalese e perricone si ottiene il Marsala Rubino.

Oltre che in base al colore, i Marsala si presentano con diversi residui zuccherini: il Secco (<40g/), servito fresco, può essere un aperitivo un po’ impegnativo oppure può accompagnare rotolini di storione ai capperi, il semisecco (40-100 g/l), servito fresco, dotato comunque di una dolcezza ben percettibile, può essere abbinato a pasticcini di frutta secca e il Dolce (>100 g/l) a praline di cioccolato.

E poi l’invecchiamento. I Marsala Fine, Superiore e Superiore Riserva subiscono un’evoluzione minima rispettivamente di 1, 2 e 4 anni, e liberano sentori di albicocche e pesche sciroppate, burro di cacao e spezie, con un assaggio ricco di calore e morbidezza, rinfrescato da una piacevole acidità.

Il Marsala Vergine è ottenuto con l’aggiunta al vino-base di alcol etilico di origine vitivinicola e/o acquavite di vino che ne aumentano spessore e potenza, e deve riposare per almeno 5 anni in botti da centinaia di ettolitri o in piccoli carati da 225 litri, tempo che si allunga ad almeno 10 anni per il Riserva, denso di calore e morbidezza, con intensi sentori di fichi secchi e marmellata d’arance, datteri e cuoio. Un vino da conversazione o da abbinare con formaggi di capra erborinati.

Nei terreni vulcanici della piccola Pantelleria, che subisce fortemente l’influenza del clima africano, tra i dammusi, le tipiche case bianche pantesche, si trovano gli alberelli di moscato di Alessandria o zibibbo, dall’arabo zabib, ovvero frutta appassita al sole.

I vigneti, contornati da tortuosi muretti a secco, sono impiantati a ceppo singolo tenuto basso e protetto in conche scavate nel terreno per riparare le piante dallo scirocco e raccogliere l’umidità della notte e la scarsa piovosità, convogliandole verso le radici.

La denominazione comprende il Moscato e il Passito di Pantelleria.

Il Moscato di Pantelleria si ottiene dagli acini freschi, torchiati subito dopo la raccolta a mano, mentre il Passito deriva dall’uva appassita al sole. In quest’ultimo caso, i primi grappoli, i più ricchi di zucchero, sono raccolti in agosto, distesi su stuoie a volte coperte da tende in nylon per proteggerli dall’umidità notturna e rendere ancora più intensi i raggi del sole, e sono lasciati appassire naturalmente al sole. In settembre si raccolgono le uve meno precoci, si lavorano quando sono ancora fresche e al mosto in fermentazione si aggiunge, a più riprese, l’uva passa sgrappolata a mano; durante la maccrazione in acciaio o in legno gli acini rilasciano il loro patrimonio di suadente dolcezza, freschezza e spiccata aromaticità. Il vino matura successivamente in vasche d’acciaio o per breve tempo in legno.

Il Moscato è più fresco, offre i tipici sentori varietali ed è piacevole con mousse di pesca bianca e menta, mentre il Passito è più intenso e sfumato in splendide tonalità ambrate, inebrianti sentori di albicocche secche, fiori di zagara e miele, vellutato e dotato di buona freschezza, ideale accanto a una colorata, dolcissima cassata siciliana.

Il Siracusa Moscato DOC, tra i vini più antichi d’Italia, è il diretto discendente del Pollio Siracusano. Prodotto con i grappoli di moscato bianco sottoposti a leggero appassimento, il vino è morbido e concentrato e libera avvolgenti profumi di rosa bianca, agrumi canditi e composta di albicocche.

II Moscato di Noto DOC, anche in versione Passito, si distingue per i profumi intensamente aromatici di scorza d’arancia, miele e nocciola, è morbido ma sostenuto da vena acida e minerale. Perfetto con alcuni coloratissimi macaron.

Un mare blu profondo in cui serpeggiano lampi di smeraldo, rocce a strapiombo e spiagge nere, sono la splendida cornice delle Eolie, sette isole che si distinguono per paesaggi straordinari. Ma è soprattutto a Salina, intorno a Malfa, Capofaro, Santa Marina, Valdichiesa, Lingua e Leni, tra case ricoperte di cascate di bouganville e ibiscus, che si trovano i vigneti che daranno la Malvasia delle Lipari DOC, terrazzati con i tipici muretti a secco sui quali si distendono gli splendidi fiori delle piante di cappero. I grappoli sono lasciati appassire sulla pianta nel caso di vendemmia tardiva o raccolti a maturazione avanzata e posti sulle cosiddette connizze, lunghe stuoie realizzate con listarelle di canne locali, ad appassire lentamente. Quando le uve sono ben asciutte e appassite si ottiene un mosto dolcissimo, sottoposto a vinificazione ed evoluzione in acciaio o in botti di castagno o di rovere. I vini sono intensamente profumati di fiori di acacia e miele, albicocche secche ed eucalipto, con un finale in cui riemergono sfumature fruttate e salmastre, perfetti con le tipiche cassatedde eoliane, a base di fichi secchi, uva passa e confetture.

Riprendendo il percorso lungo la costa settentrionale, la provincia di Palermo si estende a ovest con l’area della denominazione Monreale, nella quale si producono pregevoli Nero d’Avola e particolari vini da uve perricone. Inoltre, la zona di Camporeale ragniunge i 440 metri ed è la terra di elezione del syrah, che qui esprime sentori di confettura di mora e cacao, china e grafite, un bel tannino e nerbo acido. Dai vigneti di alta collina sulle Madonie, nella denominazione Contea di Sclafani e in numerosi IGP, si ottengono vini freschi da catarratto, inzolia e nero d’Avola, mentre più a sud, nella variegata area della denominazione Contessa Entellina, convivono importanti Nero d’Avola e belle espressioni di Sauvignon, Viognier, Cabernet sauvignon, Merlot e Syrah. I profumati vini bianchi da sauvignon e viogner, per esempio, si possono gustare con tartare di tonno.

Nell’Agrigentino e nel Nisseno, inzolia e nero d’Avola, ma anche syrah e cabernet sauvignon, danno vini dotati di personalità, soprattutto nella denominazione Menfi, fruttati, freschi e molto piacevoli.

Nella parte orientale dell’isola, in provincia di Messina, il vigneto è esteso sui rilievi dei Monti Peloritani, dove si produce la storica denominazione Mamertino, nella quale oltre a inzolia, grillo e nero d’Avola, il nocera è il vitigno locale a bacca nera più interessante, che apporta note fragranti di lampone, ciliegia e spezie. Un vino interessante con un filetto di vitello in salsa di ciliegie.

Le coltivazioni di nerello mascalese caratterizzano la piccola denominazione Faro, con vini sottili che fondono al meglio le note di frutta e di macchia mediterranea.

Sui terreni vulcanici dello spettacolare arcipelago delle Eolie, è prodotta la dolce Malvasia delle Lipari, piccolissima denominazione estesa in vigneti strappati al mare.

La zona vinicola etnea è un susseguirsi di terrazzamenti e muretti a secco in pietra lavica, antichi palmeti e paesaggi di incomparabile bellezza plasmati dall’intervento dell’uomo. In questi ultimi anni, grazie a un meticoloso lavoro di recupero, vecchie vigne di carricante, nerello mascalese e nerello cappuccio sono ritornate in produzione nella denominazione Etna e in varie IGP e passono esprimersi a differenti altitudini e in terreni diversi, un vero e proprio mosaico in cui risalta l’originalità dei vitigni.

Tra le chicche, da qualche anno si producono anche profonde e fresche espressioni di Pinot nero, da provare con agnello alle erbe aromatiche.

Il terroir è unico, perché le successive colate laviche hanno creato un substrato ricco di ferro, rame, potassio, fosforo, magnesio e azoto, che arricchiscono il patrimonio olfattivo delle uve. Gli antichi vigneti hanno un grandissimo fascino, alcuni risalgono al 1870-1880, e sono uno spettacolo della natura, in cui ogni pianta, con il suo tronco spesso contorto, è vicinissima all’altra.

Sul vulcano si distinguono tre versanti produttivi. Il versante sud (tra i 600-1000 metri) è il più caldo, con terreni che degradano dolcemente e costituiti da una ghiaia lavica fine e drenante, detta ripiddu, che danno vini mediterranei; il versante est-sud est (tra i 400-900 metri) si affaccia sul Mar lonio e produce, da terroir diversificati, vini di notevole finezza; infine, il versante nord-nord est (tra i 400-1100 metri), nel quale si ottengono vini di ottima struttura e complessità.

In provincia di Siracusa, nell’estremità sud-orientale dell’isola, sull’altopiano Ibleo di origine calcarea, le vigne delle raffinate denominazioni Moscato di Noto e di Siracusa si affacciano sul Mar lonio, mentre rivolto a sud si estende il territorio nel quale nero d’Avola e frappato esprimono piacevoli doti di freschezza fruttata nel Cerasuolo di Vittoria DOCG, prodotto in alcuni comuni in provincia di Ragusa, Caltanissetta e Catania. Il nero d’Avola, presente in tutte le zone vinicole dell’isola, nelle terre del Siracusano e del Ragusano mette in luce grande finezza e longevità, in particolare in vini ottenuti da vecchi alberelli nella sottozona Pachino dell’Eloro DOC, nei quali le classiche note fruttate si fondono con quelle di liquirizia, spezie e humus e l assaggio è fresco e sapido, con una bella trama tannica. Un vino da proporre con arrosto di maiale all’uva.

Vitigni

La Sicilia è la regione con la più ampia superficie vitata (103.063 ettari) con vigneti dislocati per il 65% in collina, il 30% in pianura e solo il 5% in montagna.

Nel 2013 la produzione è stata di circa 6.242.000 ettolitri di vino, solo il 16% DOP ma il 44.2% IGP ,con una prevalenza di quello ottenuto da vitigni a bacca bianca, che rappresentano il 53% del totale. Inoltre, i 16.000 ettari dedicati alla viticoltura biologica (il 28% dell’intera produzione italiana) fanno della Sicilia la regione che decisamente dedica la maggiore attenzione a questo tipo di coltivazione.

I sistemi di allevamento più diffusi sono a guyot e cordone speronato, mentre il tradizionale alberello, a potatura corta e a ridotto sviluppo della pianta, coinvolge ormai solo il 10% dei vigneti.

Le varietà autoctone più coltivate sono i catarratti e il nero d’Avola, seguite da grillo, inzolia e altre tradizionali, ma hanno trovato spazio numerosi vitigni internazionali, che occupano circa il 21% della superficie vitata.

I catarrati bianco comune, lucido ed extra lucido (34%) sono i vitigni più diffusi, soprattutto nelle province di Palermo e Agrigento, perché sono facili da coltivare e in grado di raggiungere molto bene il giusto grado di maturazione. Negli ultimi anni se ne stanno riscoprendo anche le qualità, perché possono dare vini interessanti, dotati di buona acidità e nota alcolica contenuta, con un discreto corredo di aromi di biancospino e pera, pesca bianca e agrumi.

Uno dei vitigni che da più tempo dimora in Sicilia è l’inzolia o ansonica (6%), pressoché ubiquitario. Se vinificato in purezza esprime vini semplici e immediati, ma è spesso usato in uvaggio con lo chardonnay per ottenere vini più intensi e strutturati, che possono anche essere sottoposti a passaggio in legno.

Il grillo (6,5%) o riddu, ottenuto da un incrocio tra catarratto bianco e zibibbo verso la fine dell’Ottocento, ha favorito la ricostruzione post-fillossera ed ancora oggi è presente soprattutto in provincia di Trapani, molto meno in quelle di Palermo e Agrigento. Un tempo allevato ad alberello, oggi a spalliera bassa, continua a essere fondamentale nella produzione del Marsala, insieme a inzolia e catarratto. Produttori lungimiranti ottengono da queste uve vini bianchi freschi e profumati, di grande spessore e con sentori che spaziano tra gelsomino e melone bianco, pera e ananas, agrumi, ortica e pepe verde.

Il grecanico (4%) è stato descritto da Cupani nel 1696 come uva siciliana detta grecani e storicamente è diffuso soprattutto nelle province di Trapani e di Agrigento. Spesso impiegato in uvaggi con altri vitigni a bacca bianca, offre particolari aromi floreali e fruttati, con note di melone bianco, ananas, susina e pesca, a volte di meringa e cioccolato bianco dopo evoluzione.

L’aromatico moscato di Alessandria o zibibbo, coltivato a Pantelleria e presente in Sicilia presumibilmente dai tempi dei Fenici, è utilizzato soprattutto come uva da mensa, fresca o appassita. Oggi è l’anima profumata dei famosi Passito e Moscato di Pantelleria, anche se numerosi e apprezzati sono anche i vini secchi, freschi e fruttati.

La deliziosa malvasia di Lipari è coltivata nelle Isole Eolie in soli 90 ettari, dai quali si ottengono i grappoli per produrre la Malvasia delle Lipari nelle versioni Naturale e Passito.

Il nero d’Avola (16%) è il vitigno principe del vigneto siciliano ed è noto anche come calabrese, probabilmente per un’errata traduzione dal dialetto siciliano, in quanto cala significa uva e aulisi originario di Avola, paese in provincia di Siracusa. Coltivato storicamente ad alberello, questo vitigno ha sempre prodotto vini che superavano di slancio il 15% di alcol etilico; oggi, al contrario, si elaborano vini meno caldi e più freschi, con tannino fine e sentori di mora e ciliegia scura, spezie dolci e humus, note terrose e salmastre, con maggiori potenzialità nei confronti dell’invecchiamento.

Il nerello mascalese (3.5%) è originario della piana di Mascali in provincia di Catania ed è diffus0 per oltre il 65% nello straordinario territorio vulcanico dell’Etna, dove ha trovato la sua terra di elezione, con varie popolazioni clonali nei diversi versanti del vulcano. Allevato ad alberello sostenuto dal tradizionale palo in castagno, nei vigneti più vecchi è impiantato fino a 12.000 ceppi/ha, a volte con viti a piede franco, e può dare vini eleganti e longevi.

Il frappato è presente soprattutto nelle province di Ragusa e di Siracusa, è impiegato in genere in uvaggio con il nero d’Avola e dà vini piuttosto austeri, mentre in purezza dona vini freschi, fruttati e beverini.

Tra le varietà internazionali presenti in Sicilia, lo chardonnay (4.2%) è diffuso su tutto il territorio regionale e, impiegato in purezza o in uvaggio, dà vini strutturati e morbidi, capaci di raggiungere l’eccellenza, cosi come il syrah (4.8%), dal quale si elaborano vini intensi con una spiccata matrice fruttata e speziata. II merlot (4.1%) offre interessanti espressioni soprattutto nella zona centro-occidentale della regione e il cabernet sauvignon (3.1%) dà alcuni tra i vini isolani più longevi.

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La denominazione Sciacca DOC si trova in Sicilia e comprende i vini rossi, rosati e bianchi prodotti dalle uve coltivate nel comune di Sciacca, sulla […]

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Vini

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