L’Aglianico del vulture è un vino rosso con origini antichissime che attraverso numerose fasi storiche della zona. Affonda le sue radici nella tradizione greca, da […]
Le Origini
Incastonata tra Puglia e Calabria, per lo più aspra e montuosa, la Basilicata si rispecchia nella tradizione della coltivazione della vite nel bacino del Mare Mediterraneo, legata all’azione colonizzatrice dei Greci e dei Fenici, che hanno diffuso la viticoltura a partire dalle colonie elleniche nell’area ionica per poi svilupparsi con i Romani nell’areale vulcanico del Vulture.
Una storia millenaria, spesso, non è sufficiente a conservare un patrimonio di conoscenze e tradizioni, per cui la superficie vitata in Basilicata ha subito un fortissimo ridimensionamento a cavallo degli anni ’70, sovrastata dalle più remunerative colture ortofrutticole e cerealicole.
Fortunatamente, grazie alla tenacia di produttori che hanno continuato a investire nell’innovazione e nella qualità in vigna, a partire dagli anni ’90 è stato avviato un percorso virtuoso che ha segnato un nuovo rinascimento della vitivinicoltura, che negli ultimi quindici anni ha saputo trasformarsi in un prezioso scrigno enologico e conquistare l’attenzione di esperti e appassionati. La Basilicata non ha subito il fascino dei vitigni internazionali, pure presenti e coltivati con ottimi risultati, ma ha puntato essenzialmente sul suo patrimonio autoctono, per lo più a bacca nera, identificandosi soprattutto con l’aglianico del Vulture, da cui si ottiene l’omonimo vino.
La cucina lucana ha radici profonde nella cultura contadina, che si ritrova nei formaggi pecorino di Filiano e canestrato di Moliterno, oltre che nel caciocavallo podolico, perfetto con un bicchiere di Aglianico del Vulture Superiore. Altrettanto interessanti sono la luganiga, salsiccia stagionata già conosciuta dai legionari romani, gli stufati e le tortiere al forno con carni di agnello e patate, da degustare con un Grottino di Roccanova.
La coltivazione di grano duro è legata alla tradizione delle paste fatte in casa, come gli strascinati o i maccheroni lavorati con il ferretto conditi con ragù di carne e cacioricotta, o i cavatelli con i fagioli di Sarconi, da provare con un Merlot della Val d’Agri. Infine, grande specialità prodotta con semola di grano duro della varietà Cappelli, il pane di Matera, con la tipica forma a cornetto.
In alcune aree interne, l’unica eccezione gastronomica che profuma di mare è il baccalà con i peperoni cruschi, peperoni di Senise essiccati e fritti nell’olio extra vergine del Vulture DOP o della varietà majatica delle colline materane, che li rende croccanti e aromatici, spesso abbinato con una Malvasia bianca o un Greco dell’areale ionico.
La tradizione rurale offre anche biscotti con mandorle e noci o frittelle dolci con la cannella, da provare con un Moscato Dolce spumantizzato del Vulture.
Il clima ed il territorio
Il territorio della Basilicata è prevalentemente montuoso (47%) e collinare (45%), e il clima, prevalentemente continentale, ricorda un po’ quello del Centro Europa, con un carattere mediterraneo caldo-secco solo nelle aree costiere e nelle zone interne della collina materana.
Nella collina ionica del Metapontino, a inverni miti e piovosi si alternano estati calde e secche ma abbastanza ventilate, quindi ideali per la produzione di uve a bacca bianca come greco e malvasia, che danno vini di media struttura ma dotati di un grande corredo aromatico.
La vasta area collinare che degrada verso il Materano, lungo la fossa bradanica, presenta estese zone argillose e sabbie compatte con sedimenti marini, nelle quali trovano un ambiente ideale il greco e il primitivo, che danno origine a vini strutturati e di grande complessità olfattiva. Nei fondovalle di origine alluvionale e marina, con terreni molto fertili e profondi, si esprimono al meglio merlot, cabernet sauvignon e sangiovese.
Nella collina materana, più interna, i caratteri mediterranei si attenuano già a partire dai 300-400 metri, ma le estati restano calde e secche, con decise escursioni termiche giornaliere che favoriscono la coltivazione di primitivo e sangiovese.
Infine la zona appenninica, 3/4 del territorio regionale, presenta inverni molto freddi ed estati calde, ma con notti molto fresche.
Nella zona del Vulture, nella parte nord-orientale della regione l’aglianico del Vulture trova il suo habitat ideale. Questo vulcano spento ha dato origine a suoli con una matrice comune: uno strato di tufo a profondità variabile tra 0.5-2 metri, su cui poggiano strati lavorabili, sabbiosi, limosi o tenacemente argillosi. I terreni vulcanici ricchi di potassio offrono ai vini freschezza, sapidità e mineralità, e durante le estati siccitose la porosità del tufo assicura alle viti un adeguato apporto di umidità, qui si dice che
il tufo allatta le piante, restituendo l’acqua accumulata nei mesi invernali.
Zone vitivinicole
Aspetto ampelografico e stili produttivi permettono di suddividere la Basilicata in tre aree: il Vulture, con alcune propaggini nell’Alto Bradano, la Val d’Agri e il Materano, con colline che degradano verso il Mar lonio.
Il Vulture è la vigna della Basilicata, con oltre il 60% della superficie vitata
della regione e i 9/10 della produzione DOP e IGP. In particolare, l’Aglianico del Vulture Superiore DOCG è il frutto di vigneti impiantati con oltre 7000 ceppi/ha e rese che non superano le 5-6 t/ha. Il colore è rosso rubino impenetrabile, il profumo è elegante con sentori di frutta rossa matura e marasca, ciliegia sotto spirito e liquirizia, chiodi di garofano, pepe nero e note tostate dopo il passaggio in barrique, anche se i produttori più legati alla tradizione utilizzano ancora le botti grandi. L’importante carica acido-tannica rende questo vino molto longevo ed è perfetto in abbinamento con un filetto di podolica al pepe.
In provincia di Potenza, la Val d’Agri è un’area valliva nel cuore della regione, un territorio molto interessante nel quale si trovano due delle quattro denominazioni lucane.
I vigneti sono impiantati in terreni ricchi di sabbia e argilla a 600-700 metri e da agosto fino a metà ottobre riescono a sfruttare le fortissime escursioni termiche; grazie a queste felici condizioni pedoclimatiche, i vini della Val d’Agri e della zona di Roccanova si distinguono anche nelle coltivazioni biologiche.
Merlot e cabernet sauvignon, sangiovese e montepulciano danno vini ricchi di struttura, con sentori di frutti a bacca rossa, spezie e liquirizia, e nelle denominazioni Terra dell’Alta Val d’Agri e Grottino di Roccanova riescono a tradurre tutte le caratteristiche del terroir lucano. Vini da provare con lonza di maiale con vellutata di porcini.
Infine, in vigne che degradano verso il Mar lonio, si trovano un territorio e un vino che si identificano alla perfezione nel loro nome, Matera DOC, che affida il topos a una città unica e famosa per i suoi sassi, Patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco.
Il clima caldo e asciutto favorisce la produzione di vini rossi potenti a base di primitivo, che qui fa la parte del leone, con piacevoli profumi di lamponi e ribes, pepe bianco e note balsamiche, oltre a tannini eleganti, soprattutto se frutto di uvaggi con merlot e cabernet sauvignon, che lo rendono ottimo in abbinamento con pomodori gratinati con scaglie di pecorino stagionato.
Qui si produce anche il Matera Greco, vino bianco dai delicati profumi di fiori e pesca bianca e spiccata sapidità, piacevole con spaghetti con le cozze.
Vitigni
Nonostante il clima continentale la renderebbe una zona ideale per i vitigni a bacca bianca la Basilicata è dominata da quelli a bacca nera, che rappresentano oltre il 90% della produzione, sui quali spicca l’aglianico del Vulture.
La superficie vitata è di poco più di 4000 ettari, con una produzione di circa 178.000 ettolitri di vino nel 2013, dei quali il 41.7% DOP e il 29.9% IGP.
Le viti sono impiantate prevalentemente a guyot e a cordone speronato, ma l’allevamento ad alberello resiste nei vigneti con più di 50 anni, collocati in zone particolarmente impervie e difficili da lavorare. La meccanizzazione si sta sviluppando rapidamente, ma molte delle operazioni in vigna sono ancora effettuate manualmente.
L’aglianico del Vulture occupa oltre il 50% del vigneto lucano e dà vini potenti, con tannini grintosi e intensi profumi fruttati, speziati e balsamici, in grado di competere con i più grandi rossi italiani. Vitigno a maturazione piuttosto tardiva, ha buone doti di versatilità e si presta all’elaborazione anche di vini rosati di buona struttura e con delicati profumi di fragola e fiori rossi, oltre che di spumanti metodo Classico.
Il sangiovese occupa quasi il 20% del vigneto regionale e insieme a montepulciano, malvasia nera e ciliegiolo, è protagonista della recente denominazione Grottino di Roccanova, con vini fruttati e morbidi, grazie anche all’evoluzione in botte nelle grotte di tufo.
Abbastanza diffuso è anche il primitivo (10%), impiegato in purezza o in uvaggio, che dà origine a vini con spiccati sentori fruttati, buona nota alcolica e tannini austeri.
Il merlot e il cabernet sauvignon occupano un ulteriore 10% della superficie vitata e rappresentano l’altra faccia della viticoltura regionale; soprattutto nell’Alta Val d’Agri, sono utilizzati in alcuni interessanti tagli bordolesi ed esprimono vini con note erbacee e fruttate e un elegante corredo tannico.
Poco meno del 10% del vigneto della Basilicata è costituito dalle uve a bacca bianca.
Se moscato, malvasia bianca di Basilicata e trebbiano toscano danno spumanti dolci e vini secchi fermi nell’IGP Basilicata, müller thurgau e traminer aromatico sono alla base di un esperimento vitivinicolo di successo, poiché hanno trovato un ambiente ideale nell’areale vulcanico dell’aglianico, dove permettono l’elaborazione di vini con profumi eleganti, strutturati e dotati di grandi mineralità e sapidità.
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