Il re del Sangivese: il brunello di Montalcino

brunello di montalcino

Il Brunello di Montalcino è un vino rosso il cui nome completo deriva dalla terra di produzione nella provincia meridionale senese, Montalcino nella regione Toscana.
Dopo un breve passaggio in DOC (Denominazione Origine Controllata) la sua fama gli consente di essere riconosciuto dal 1980 come DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).

Inizialmente si pensava che la varietà di Montalcino fosse distinta dalla Sangiovese, successivi controlli hanno confutato tale tesi designando il Brunello di Montalcino come un vino in purezza prodotto dalle uve Sangiovese nella sua espressione più alta.

In generale si tratta di un vino strutturato e longevo la cui fama si deve anche ai produttori che hanno da sempre saputo sfruttare a pieno le potenzialità di una terra rigogliosa.

Caratteristiche del territorio toscano

Essendo la sua origine controllata, i requisiti della sua produzione e conservazione sono ben definiti; il territorio di coltivazione, a 40 Km a sud di Siena, ha un’estensione di 243.62 chilometri quadrati ed è delimitato dal fiume Orcia, Asso e Ombrone; si posiziona a circa 120 metri sul livello del mare.
L’area produttiva, grazie anche alla forma quasi quadrata, può essere suddivisa in quattro versanti le cui differenze sono sostanziali. Le molteplici sfaccettature organolettiche sono conferite dalla molteplicità dei micro-climi.

Sul versante nord il clima continentale e i venti freddi rinfrescano il terreno che risulta molto fertile e concede un vino profumato e robusto.
Il versante occidentale subisce l’influenza delle brezze provenienti dal mare conferendo all’uva un retrogusto salmastro, la terra è contraddistinta da una consistenza più grossolana in parte argillosa.

Dalla direzione opposta, sul versante orientale, si ammirano le montagne e i venti trasportano l’aria salubre, i terreni sono misti e concedono un vino dai gusti più intensi.
Nel versante dell’estremo sud si trova una zona ideale con un clima favorevole e assenza di vento e piogge; il terreno è più secco e ricco di scheletro, duro da lavorare ma regala un vino dalla maggiore corposità e rusticità.

Tutto il paesaggio agricolo, per la sua bellezza e la sua importanza, è stato nominato patrimonio dell’Unesco dal 2004.

Il vitigno e la coltivazione

La forma più diffusa di coltivazione è il cordone speronato caratterizzato da una potatura corta, a 2 gemme, di diversi cornetti a ceppo.
Dal 1 gennaio 2016 è stata stabilità la densità minima di ceppi per ettaro che è di 4000, mentre per gli impianti già presenti vale la regola dei 3000 ceppi per ettaro.

Le sapienti mani rimangono gli attrezzi migliori e definiscono la qualità del vino: dalla potatura alla selezione dei germogli più adatti, dallo sviluppo della vegetazione al controllo finale dell’uva.
Tutto viene svolto in un’ottica di perfezione e raggiungimento di un’elevata qualità.

Come parzialmente anticipato il vitigno da cui si ottengono le uve è Sangiovese al 100%; localmente, nella zona di Montalcino, alla varietà viene dato il nome di Brunello.

La quantità di uva per la produzione del vino non deve superare le otto tonnellate per ettaro di vigneto che corrispondono a 54,4 ettolitri di vino.

botti in cantina di brunello di montalcino

L’affinamento: differenze e risultati

Il Brunello di Montalcino deve subire un periodo di invecchiamento di almeno due anni in barrique; i contenitori devono essere necessariamente in legno di rovere.
Un’altra modalità di affinamento prevede che il prodotto venga trasferito in altri recipienti, come delle grandi botti fermo restando la tipologia di legno.

Si devono tenere in considerazione la capacità di scambio tra vino e legno e la micro-ossigenazione: entrambe sono maggiori nella barrique.
Il periodo di affinamento e la qualità del rovere decreteranno la resa finale.

L’unico arricchimento consentito è con mosto concentrato di uve dei vitigni stessi o rettificato.

A seconda dello stile di affinamento, il Brunello di Montalcino risiederà nel contenitore per un tempo diverso. Nel caso della barrique l’affinamento dura ventiquattro mesi, il tempo diminuisce nel caso delle grandi botti. Si prosegue poi con la conservazione nelle bottiglie per almeno quattro mesi che diventano almeno sei perché venga definito di riserva.

Il consumo del vino deve avvenire solo dopo cinque anni dalla vendemmia, se ne trascorrono sei il Brunello prenderà la qualifica di Riserva.

Tutto questo però non basta a rientrare nei criteri stabiliti dalla catalogazione come DOCG; infatti sono necessarie costanti analisi chimico-fisiche e organolettiche.

L’assaggio e il confezionamento

Le caratteristiche del Brunello di Montalcino sono ben definite poiché devono corrispondere esattamente a quelle elencate nel disciplinare.
Il colore è di un rosso rubino dalla tonalità intensa, si tratta di un vino fermo, l’odore è caratteristico e al palato risulta asciutto, un po’ tannico e persistente.
La presenza di alcol deve essere di 12% vol e l’acidità di 5.0 g/l.

Anche per quanto concerne il confezionamento la capacità delle bottiglie va da un minimo di 0,375 litri ad un massimo di 18,000 litri.
Inoltre le bottiglie devono essere di vetro scuro di tipo bordolese chiuse da un tappo in sughero monopezzo. L’imbottigliamento deve essere effettuato esclusivamente nella zona di produzione.

Per quanto riguarda gli abbinamenti a tavola, proprio in virtù del suo carattere si sposa bene con piatti strutturati e carni rosse o selvaggina; ottimo con i formaggi stagionati. La temperatura ideale alla quale servirlo è tra i 18°C-20°C.

Il fattore umano e i maggiori produttori di brunello di Montalcino

La predisposizione della terra unita allo studio e alla passione degli uomini nel definire il concetto di qualità hanno dato vita a quella riconoscibilità che da sempre accompagna il Brunello di Montalcino.
Uno dei nomi emblematici per l’inizio della storia del Brunello è Clemente Santi, il primo a ricevere una medaglia d’argento nel 1865 per il miglior Vino Scelto (Brunello) dell’intero circondario.

A riprova del fatto che la sapienza si trasmette, fu Ferruccio Biondi Santi, suo nipote, che dopo aver vinificato in purezza il Sangiovese Grosso nelle terre di Montalcino, nel 1888 stabilì la nascita di questo vino con standard produttivi molto severi.

Nella stessa Tenuta Greppo, storica sede dell’azienda, venne prodotta per la prima volta la Riserva; un evento storico, viste le soli 40 produzioni in 134 anni, come il nome dell’intimo luogo in cui vengono conservate le bottiglie, La Storica, nude e riposte con cura in nicchie contraddistinte dall’annata.

Il Brunello Biondi Santi detta le regole dell’eccellenza fatta di assenza di compromessi; sono ancora le mani a selezionare l’uva mentre la tradizione fa il resto: fermentazione in tini di cemento supportata da lieviti indigeni e invecchiamento in botti in rovere di Slavonia.

Ma il progresso e lo studio hanno premiato negli anni altri nomi dell’enologia italiana come Sassetti Livio Pertimali che con il suo vigneto a nord di Montalcino ha saputo conciliare il patrimonio genetico tradizionale con un’idea di rinnovamento. Il suo vino gli ha permesso di ricevere numerosi premi e riconoscimenti nazionali e mondiali.

Anche Altesino, una tenuta con 100 ettari di vigne posizionati a nord-est di Montalcino, rientra nella storia del Brunello di Montalcino per aver sperimentato per primo l’affinatura in barrique.
La famiglia Gnudi Angelini ha sposato un’idea di qualità che affianca i dettami della produzione con l’avanguardista ricerca di un sapore che sia sempre una sorpresa. É con il suo Cru Montosoli che ottiene un importante riconoscimento internazionale.

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