Guerra Ucraina-Russia: ripercussioni sull’export del vino made in Italy

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Dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, l’Unione europea e numerosi altri Stati hanno tentato di sciogliere le tensioni mediante l’impiego di pacchetti sanzionatori, finalizzati alla risoluzione della guerra: questi provvedimenti hanno come scopo quello di inchiodare l’economia russa, escludendola dai mercati e dai sistemi finanziari mondiali e riducendo il flusso di merci in entrata e in uscita dal Paese.

L’Italia è la principale esportatrice mondiale di vino verso la Russia: il blocco commerciale imposto dalle sanzioni rischia infatti di compromettere in maniera severa l’economia nazionale, riducendo a zero le entrate e minacciando gravemente il sostentamento delle aziende produttrici di vino, che non possono più contare sull’enorme guadagno percepito in questi anni dall’export, che consentiva loro di mantenere elevati gli standard di produzione, sia in termini di qualità che di quantità.

Conflitto Russia-Ucraina: dalla guerra al blocco dell’export

Le radici del conflitto risalgono al 2013, quando l’Ucraina ha iniziato a manifestare atteggiamenti filoeuropei. All’epoca dei fatti, la popolazione civile ucraina si trovava divisa in due diverse correnti politiche, che vedevano scontrarsi da un lato i filoeuropei, sostenuti dai partiti di estrema destra, e dall’altro i filorussi, che invece si opponevano fermamente all’occidentalizzazione del paese. Gli scontri tra i civili e la polizia provocarono numerosi morti e feriti, fino alla soppressione delle rivolte filoeuropee e il ripristino dell’equilibrio urbano.

Sin dalla proclamazione dell’indipendenza territoriale, a seguito della caduta dell’Unione Sovietica, l’Ucraina ha progressivamente tentato di avvicinarsi all’Unione europea e alla Nato: nel 2019, con le elezioni dell’attuale presidente ucraino Zelensky, dichiaratamente filoccidentale, il Paese ha continuato a dimostrare la sua volontà di divincolarsi dalla supremazia e dalle oppressioni della Russia.

Le tensioni hanno continuato ad aumentare quando il presidente russo Vladimir Putin ha richiesto una garanzia scritta che la Nato non intendesse annettere l’Ucraina all’Alleanza, violando per altro patti risalenti all’epoca della dissoluzione dell’URSS. Le intenzioni cristalline dell’Ucraina e il supporto degli Stati Uniti hanno successivamente fatto precipitare i negoziati diplomatici in una vera e propria minaccia di scontro armato, quando Putin ha dichiarato l’indipendenza delle Repubbliche separatiste del Donbass, Donetsk e Lugansk, e ha schierato le truppe ai confini del Paese.

Il 24 Febbraio 2022 le truppe russe hanno poi iniziato i bombardamenti nel territorio ucraino, originando una vera e propria invasione verso uno stato sovrano e un popolo pacifico: l’incursione della Russia nei territori dell’Ucraina, la violenza e lo scoppio di una vera e propria guerra via mare, via terra e per via aerea, ha provocato un’immediata reazione da parte della Comunità europea e di numerosissimi Stati esterni ad essa come il Regno Unito e la Svizzera.

Escludendo un intervento militare, per evitare l’aggravamento degli scontri e lo scoppio inevitabile di una Guerra Mondiale, tutti i territori Nato non hanno potuto fare altro che cercare di bloccare l’avanzata delle truppe scagliando contro l’impero di Putin una serie di pacchetti di sanzioni, con l’obiettivo di creare un forte disagio economico, destabilizzare gli equilibri esteri e arrestare l’offensiva. Le pesanti sanzioni imposte alla Russia dall’Unione europea prevedono anche il divieto alle importazione alle esportazioni da e verso il territorio russo.

L’impossibilità di importare ed esportare merci dagli altri territori, è una strategia diplomatica atta ad isolare l’economia della Russia e a forzarne la resa: si tratta infatti di un Paese che primeggia nell’export dei propri beni e che allo stesso tempo richiede un import consistente per poter soddisfare la richiesta di prodotto interna.

scorcio di vigneti in Russia nel territorio di Krasnodar

La tradizione vinicola della Russia

I paesaggi artici e innevati a cui immediatamente si pensa parlando della Russia, rendono piuttosto difficile pensare che questo Paese possegga una propria tradizione vinicola: in realtà, vista l’enorme espansione del territorio russo, spostandosi verso i suoi confini possiamo trovare molteplici tipi di clima, che spaziano dalle temperature artiche delle regioni settentrionali a quelle sub-tropicali delle repubbliche meridionali. La varietà del clima e l’enorme espansione territoriale riescono a far posizionare la Russia all’undicesimo posto nella classifica mondiale per i paesi produttori di vino.

La tradizione vinicola russa si sviluppa infatti proprio nella parte meridionale del paese, nelle aree che affacciano sul fiume Don, nelle regioni del Caucaso e sulle foci del fiume Volga. Le prime coltivazioni di vigneti risalgono al 1700, e presero sempre più piede durante il regno dello zar Pietro I di Russia, primo sovrano del Paese, altresì conosciuto come “Pietro il Grande”.

Durante il periodo sovietico la Russia era in grado di produrre notevoli quantità di vino, ed estese le proprie coltivazioni fino alla nascita delle prime cantine russe. Queste erano principalmente incentrate sulla produzione di spumanti, vini bianchi e vini fermi. Con la successiva caduta dell’Unione Sovietica nel 1991, le coltivazioni di uva subirono una drastica riduzione nella loro espansione, costringendo la Russia a dover importare una grande quantità di materie prime per poter continuare a sfruttare le proprie cantine per la produzione del vino locale.

Ad oggi la regione maggiormente sfruttata per la produzione di vino russo è il Caucaso occidentale, e in particolare la città di Krasnodar, che affaccia sul fiume Kuban’: infatti, oltre ad essere un punto di riferimento fondamentale per l’economia del Paese grazie alla presenza di numerose industrie, questa città della Russia spicca per importanza per quanto riguarda le aziende alimentari.

Secondo le statistiche OIV, dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino, l’Italia è la prima nazione al mondo per la produzione di vino, e gran parte del suo export si dirige proprio verso i continenti orientali e dell’est Europa: questo perchè, a causa del differente tipo di territorio e alle diverse tradizioni agroalimentari, i consumatori di queste regioni sono particolarmente interessati ad importare vini dalle caratteristiche opposte rispetto a quelli che vengono prodotti localmente. Una certa predilezione va infatti ai vini frizzanti, in netta contrapposizione con la bassa quantità di anidride carbonica presente invece nei vini russi, oppure ai vini rossi e dolci, tipicamente italiani.

L’Export del vino italiano verso la Russia

Sulla base di quanto appena descritto, si capisce come il blocco dell’import-export sia un’arma a doppio taglio, che colpisce anche l’economia dei paesi estranei alla guerra, tra cui proprio l’Italia. Basti pensare che, proprio negli ultimi anni, la Russia ha fatto del nostro Paese il primo importatore di vino in assoluto, portando all’Italia un guadagno di circa 350 milioni di euro.

Da considerare sono anche le esportazioni di vino italiano verso l’Ucraina, Paese pesantemente colpito dall’offensiva russa, che subisce giornalmente danni irreversibili dal punto delle infrastrutture e dell’economia: i guadagni italiani per il commercio di vino con l’Ucraina ammontano a circa 50 milioni di euro. Questi dati fanno ben comprendere quanto siano severe le perdite per le industrie nazionali, con un negativo di circa mezzo miliardo di euro, qualora il conflitto perdurasse e le linee commerciali non venissero ripristinate in tempi brevi.

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