Micro ossigenazione del vino

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Fin dall’inizio della sua storia, il vino ha potuto trarre benefici in termini di qualità grazie soprattutto all’ossigeno, un elemento fondamentale nel suo processo di creazione e mantenimento.

Che si tratti di difetti, come ad esempio ossidazioni o imbrunimenti, l’insorgenza di malattie dovute a microorganismi a metabolismo respiratorio, come batteri acetici o lieviti filmogeni della fioretta, oppure di miglioramenti dovuti a una micro ossigenazione del vino lenta e continua grazie alle famose botti di legno, l’ossigeno resta un grande protagonista in questo campo.

Ad oggi l’ossigenazione del vino riveste un ruolo determinante nella sua produzione, arrivando a connotarne i diversi stili di produzione, come accade per la iperossigenazione o per l’iperriduzione.

Se si pensa all’ultimo decennio, non si può non parlare della pratica della microssigenazione, una tecnica che ogni esperto conosce e adopera. Si pensi ad esempio alla microssigenazione dei vini rossi, un processo che è alla base della creazione delle migliori qualità. Ma vediamo meglio di cosa si tratta e quali sono le sue caratteristiche.

La micro ossigenazione del vino e la sua storia

Partiamo col dire che il primo a intuire l’influenza positiva dell’ossigeno sul vino fu Luis Pasteur, che già nel 1866 nella sua opera, Etudes sur le vin, osserva come esso sia un attivo partecipante nella creazione di difetti ossidativi importanti, così come nell’eliminazione dei cattivi odori e nella riduzione dei sentori acerbi. Da lì, il resto è storia.

Tra le varie tecniche, la micro ossigenazione del vino nasce per misurare al suo interno precise dosi di ossigeno, questo perché un corretto dosaggio garantisce un notevole miglioramento qualitativo

Essa può essere utilizzata in varie fasi del processo di vinificazione, ma per far questo, ovviamente, ci sono però delle condizioni indispensabili, ovvero:

  • un’adeguata conoscenza dei processi chimici e microbiologici coinvolti;
  • un sistema di dosaggio di grande precisione.

D’altronde, l’ossigenazione controllata non è un concetto nuovo, poiché per secoli il vino è stato invecchiato in contenitori in legno più o meno permeabili. Nei recipienti impermeabili, invece, stabilire la quantità di ossigeno necessaria oltre la quale si incorre nell’ossidazione è piuttosto difficile. 

La nascita della micro ossigenazione del vino può essere attribuita invece a Patrick Ducourmau, un viticoltore francese che tra il 1989 e il 1993 constata che i risultati ottenuti con la conservazione del vino nel legno non erano raggiungibili con altri tipi di contenitori. 

Da qui la messa a punto di questa tecnica, che fu poi sviluppata e diffusa ampiamente, dimostrandosi in grado di poter stabilizzare i vini e renderli anche più colorati e ricchi, ma anche caratterizzati da maggior volume e presenza tannica. Il carattere aromatico a questo punto cambia, evolvendosi lentamente e conservando note più fresche e fruttate. 

In che cosa consiste la tecnica della micro ossigenazione del vino

Essa consiste nell’apportare al vino la quantità di ossigeno che i suoi composti fenolici sono in grado di utilizzare nei processi di polimerizzazione. I fenoli, appunto, reagendo con l’ossigeno, ossidano l’etanolo in acetaldeide, una molecola che permette di stabilizzare antociani e polifenoli e di portare così a un miglioramento cromatico e del volume e della struttura dei vini.

In particolare, la fase nella quale il vino sarà molto più reattivo nei confronti dell’ossigeno è proprio quella che segue la fermentazione alcolica e precede invece la malolattica.

Il Prof. M. Moutounet dell’INRA di Montpellier, un famoso studioso del settore, per rispondere all’esigenza di potere riprodurre gli effetti benefici e stabilizzanti dell’affinamento in botti di rovere anche in vasche inerti, spiega come mettere in pratica questa particolare tecnica.

Nello specifico ci sarà bisogno di due fasi essenziali nell’affinamento del vino. La prima è la cosiddetta fase di strutturazione, che comporta un aumento dell’intensità colorante e del carattere tannico. La seconda invece è la fase di armonizzazione, in cui i vini si ammorbidiscono, aumenta la complessità aromatica e scompare il carattere vegetale. 

È bene ribadire, però, che prima di iniziare qualsiasi trattamento è indispensabile determinare i principali parametri analitici del vino in questione affinché si possano ottenere risultati ottimi.

Il monitoraggio dell’evoluzione dei vini, sulla base di parametri analitici e sensoriali è infatti fondamentale nella gestione della micro ossigenazione del vino. Altra cosa importante sarà poi quella di servirsi di un apparecchio in grado di dosare ossigeno in modo continuo anche a dosaggi molto bassi.

A proposito, il dosatore usato dovrà permettere un flusso costante anche per quantità piccolissime di ossigeno. Questo verrà poi erogato in una vasca attraverso un diffusore e la candela microporosa che dovrà produrre bollicine finissime che saranno rapidamente disciolte nel vino.

Inoltre, non dimentichiamo che la temperatura del vino non dovrà superare i 10-12°C, questo perché il rischio è che le reazioni chimiche siano troppo lente e potrebbe sciogliersi troppo ossigeno nel vino. Altra cosa, la vasca utilizzata dovrà essere sufficientemente alta per garantire il completo discioglimento dell’ossigeno.

Stabilizzazione del colore per i vini rossi e la maturazione dei tannini

Quando si parla di vini rossi, per ottenere un prodotto di qualità è di fondamentale importanza ottenere dalle uve il massimo della loro potenzialità qualitativa. Ciò fa ben capire quando l’ossigenazione sia alla base di una buona riuscita.

A questo scopo si può infatti intervenire con la sua gestione durante la fase della macerazione, così da poter ottimizzare l’estrazione degli antociani e dei tannini dalla buccia, e durante le fasi immediatamente post-fermentative e di affinamento. Lo scopo è stabilizzare e conservare il corredo polifenolico del vino.

La microssigenazione trova dunque applicazione in questo scopo sostituendo o integrando i trattamenti tradizionali, che venivano usati durante la fase di estrazione per gestire l’ossigeno e che un tempo venivano attuati grazie a travasi e rimontaggi all’aria.

Soluzioni, queste, che però non erano purtroppo in grado di garantire una precisa quantificazione dell’ossigeno davvero disciolto nel vino.

Conclusioni

Concludiamo l’articolo ricordando una famosa frase di Louis Pasteur, secondo cui nonostante l’ossigeno sia il più acerrimo nemico del vino, è proprio questo però che lo caratterizza e lo invecchia.

Sarà bene, però, fare sempre attenzione a piccole accortezze che se non seguite potrebbero portare a un completo fallimento.

In primo luogo, come già accennato, la giusta temperatura del vino, che se non ben regolata può portare al discioglimento nel vino di troppo ossigeno a causa delle reazioni chimiche troppo lente.

Infine, meglio fare particolare attenzione alla vasca che dovrà essere di dimensioni adeguate per permettere all’ossigeno di entrare in contatto con il vino ma non con la sua superficie.

In questo caso, se il vino è molto strutturato ci sarà bisogno di maggiore ossigeno e il periodo della microssigenazione potrà essere più lungo, ma al contrario, se il vino è poco strutturato il periodo dovrà essere più breve e con un minor rilascio di ossigeno per evitare ossidazione.

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