Ansonica Costa dell’Argentario DOC

La DOC Ansonica Costa dell’Argentario si riferisce esclusivamente ai vini ottenuti dal vitigno Ansonica. Essi presentano un colore giallo paglierino più o meno intenso, talvolta anche giallo dorato, un profumo tendenzialmente fresco, lievemente fruttato e delicato, mentre al gusto si presentano asciutti, morbidi, caldi e armonici, scarsamente acidi, con una gradazione alcolica mediamente elevata.

La zona di produzione della DOC Ansonica Costa dell’Argentario è collinare, con una quota media intorno a 190 metri s.l.m., una pendenza media dell’10%, una esposizione a sud-est, per il particolare beneficio del territorio aperto alle brezze marine che assicurano una buona ventilazione durante tutto l’anno, concorrono a determinare un ambiente areato, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione della vite. Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in modo determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisicochimiche e organolettiche dei vini DOC Ansonica Costa dell’Argentario.

1) Cenni Storici della denominazione Ansonica Costa dell’Argentario DOC

In quest’area, infatti, esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al periodo etrusco, greco e romano – l’antica città etrusca di Cosa, nella parte meridionale della zona di produzione, l’area di Poggio Buco, più a nord, sono solo alcuni esempi di insediamenti più o meno rilevanti – come testimoniano alcuni reperti; in particolare, presso Marsiliana lungo il corso del fiume Albegna, è stato rinvenuto un numero consistente di vasellame e pithoi (recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi), probabilmente poiché il luogo corrispondeva a un vero e proprio centro di raccolta per i vini che provenivano dalle aree più interne (colline di Manciano, Capalbio, Magliano e Scansano), trasportati lungo il corso del fiume.

Inoltre, sul territorio dell’isola del Giglio, sono stati rinvenuti numerosi palmenti in pietra, specie di vasche cilindriche scavate direttamente sulla roccia talvolta ai piedi di un vigneto, utilizzate da etruschi e, più tardi, romani, per la pigiatura e lo sgrondo delle uve. Ma anche la scoperta di relitti del V secolo a.C. e il recupero di vasellame etrusco, corinzio e fenicio e di anfore vinarie nelle acque prospicienti l’isola del Giglio attesterebbero la presenza di contatti, trasporti e commerci tra l’isola e le città dell’Etruria e d’altri paesi del Mediterraneo.

La dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; in questo periodo storico, la vite acquistò particolare importanza come pianta colonizzatrice, tanto che governanti e feudatari riconobbero la necessità di concedere terre adatte per questa coltura, che ebbe particolare protezione con apposite norme statutarie.

Un ulteriore impulso all’attività vitivinicola del territorio fu dato dalle repubbliche marinare, in particolare Pisa, che tramite le potenti reti commerciali tessute dai loro mercanti contribuirono alla valorizzazione dei vini del Giglio e delle altre aree costiere della Maremma meridionale, vini che erano qualificati, all’epoca, come “robusti e forti”.

La tradizione vitivinicola della Maremma meridionale e insulare ha continuato a trasmettersi nei secoli, passando anche attraverso le vicissitudini legate agli assalti dei Pirati: drammatico quello del 1554, quando il pirata Barbarossa provocò la deportazione di oltre 600 abitanti del Giglio che, all’epoca, era intensamente coltivata a vigneto, e la vinificazione avveniva mediante l’utilizzo dei palmenti, con una produzione di circa 18.000 barili di vino per lo più esportati e venduti in terra ferma, prevalentemente allo Stato della Chiesa e alla Repubblica di Genova; più tardi, l’isola e gran parte del territorio passarono attraverso le dominazioni delle repubbliche di Pisa, Genova e Siena, dello Stato della Chiesa, fino al Regno di Napoli, mantenendo inalterata, tuttavia, la tradizione vitivinicola e una certa attività commerciale di vini, per lo più bianchi, la cui eccellente qualità fu riconosciuta da studiosi di ogni tempo.

L’enotecnico Luigi Vivarelli, in una memoria pubblicata nel 1906 su “La vite e il vino nel mandamento di Orbetello” riferiva l’esistenza di tronchi di vite di dimensioni eccezionali, il che portava a pensare a un’attività viticola fortemente tradizionale. In una relazione del funzionario Granducale Miller del 1766, si afferma che al Giglio abitavano circa 900 persone e vi erano coltivati circa 10 moggia di terreno a vigneto e frutteto, con una produzione di vino che si aggirava intorno a 500 botti (“in tutto il territorio dell’isola si ricoglie negli anni mediocri vino botti 500 di barili 12 per ciascheduna”); è proprio in questo periodo di grandi trasformazioni agricole che è possibile collocare l’attestazione del vitigno Ansonaco sulle altre varietà di vitigni autoctoni.

Il dott. Alfonso Ademollo, in una relazione all’inchiesta parlamentare Jacini, tenendo conto della vocazione viticola della Maremma, nel 1884 affermava che tutte le varietà “vegetano bene nel nostro suolo ed a noi non mancano le uve da spremere e da mangiare, queste ultime a dovizia fornite dal Monte Argentario e dall’Isola del Giglio”. L’Ademollo, nel fornire interessanti informazioni sulla situazione viticola della provincia, la descriveva come altamente vocata alla viticoltura e, parlando dei pregi e dei difetti del vino prodotto nella zona, così si esprimeva: “II vino, questo benefico liquido che ha tanta importanza nella pubblica e privata economia, come nella pubblica e privata salute, viene prodotto dai nostri viticoltori con sempre crescente progresso e accuratezza in ogni parte della provincia di Grosseto, sia nella zona piana, che in quella montuosa, e per la bontà e quantità in alcuni Comuni è di una rendita importante ai proprietari…… Vini forti e generosi poi si incontrano nei comuni più marittimi i quali sono quelli di Orbetello, Monte Argentario e Giglio”.

Nel secolo successivo, Ottorino Brandaglia, a proposito della tradizione e la qualità vitivinicola gigliese, così si esprimeva sulla stampa nazionale: “Buona parte del suo territorio è coltivato a vigneti e il contadino gigliese, tenace e silenzioso lavoratore, ….. ha saputo con lavoro paziente e inaudito sui fianchi ripidi e rocciosi dell’isola, in alcuni punti portandoci la terra, piantare le viti, circondando i minuscoli vigneti, chiamati nel gergo paesano poste o cacchioni, di muriccioli a secco per proteggerli contro la veemenza delle piogge e del vento….E come non ricordare il vino. Esso possiede delle qualità meravigliose e una tale potenza di alcool da superare di gran lunga tutte le altre specie del Regno pur tanto declamate….Intanto si ponga mente alla vegetazione ricca, all’aria salubre, soprattutto alle magnifiche distese di vigneti, che producono la famosa uva Anzonica, notissima in tutta la Maremma”.

Nei decenni successivi si moltiplicano le iniziative di molti proprietari – aiutate e incentivate anche dall’applicazione della riforma fondiaria e dall’opera dei tecnici agricoli – intese a sviluppare una viticoltura sempre più razionale, anche con la diffusione di nuove cultivar nei territori collinari più facili. Ma l’espansione viticola, se non accompagnata dal perfezionamento della tecnica vinicola e quindi della qualità dei vini prodotti, creava notevoli problemi di organizzazione e diffusione dei vini stessi, anche a causa della disponibilità di modeste partite, dalle caratteristiche poco omogenee anche se pregiate.

Un contributo decisivo alla risoluzione di questi problemi è stato dato dalla realizzazione della Cantina Sociale di Capalbio, con lo scopo di raccogliere e trasformare la produzione viticola del comprensorio circostante e che rappresenta una circostanza importante per la nascita dell’industria enologica, alfine di presentare sul mercato vini uniformi, di tipo costante, migliorati nella qualità e standardizzati nella presentazione.

Più tardi, anche alcune pubblicazioni scientifiche del settore, occupandosi dei vini ottenuti su questo territorio, apportarono un contributo importante alla loro valorizzazione; “Vini tipici e pregiati d’Italia” di R. Capone, edito nel 1963, illustra, tra l’altro, le caratteristiche dei vini della zona di Capalbio, soffermandosi anche sui rinomati vini bianchi a base di Ansonica. Furono questi i presupposti che portarono alla consapevolezza che il territorio della Maremma meridionale e insulare poteva aspirare al riconoscimento della denominazione di origine controllata per il vitigno Ansonica prodotto nella zona, che verrà attribuito nel 1995 per il vino Ansonica Costa dell’Argentario ottenuto con l’apporto determinante (minimo 85%) proprio dell’omonima varietà a bacca bianca.

Il Vino DOC Ansonica Costa dell’Argentario ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata in data 28 aprile 1995.

2) Area di Produzione della denominazione Ansonica Costa dell’Argentario DOC

L’area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell’Argentario si estende sulle colline situate a sud della Toscana, in un territorio adeguatamente ventilato, luminoso e favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle vigne.

La Zona di Produzione del Vino DOC Ansonica Costa dell’Argentario è localizzata in:

  • provincia di Grosseto e comprende il territorio dei comuni di Manciano, Orbetello, Capalbio, Isola del Giglio e Monte Argentario.

3) Tipologie di Vino della denominazione Ansonica Costa dell’Argentario DOC

  1. Ansonica Costa dell'Argentario 

    Versione: Secco
    Tasso Alcolometrico: 10,50%

    Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore caratteristico, leggermente fruttato e sapore asciutto, morbido, vivace e armonico.

    Composizione:

    • => 85% - Ansonica
    • =< 15%

      Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella regione Toscana.

4) Abbinamenti Culinari della denominazione Ansonica Costa dell’Argentario DOC

Antipasti e insalate di mare, primi e secondi) e a zuppe di verdura.

5) Disciplinare della denominazione Ansonica Costa dell’Argentario DOC

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