L’ Uvalino è un vitigno di maturazione tardiva presente, anche se in modo sporadico, in Piemonte prevalentemente nelle zone dell’Alessandrino, dell’Astigiano e nel territorio di Tortona.
Di recente c’è stato un rilancio dell’ Uvalino da parte dei produttori grazie alla sua resistenza alle muffe e al contenuto altissimo di resveratrolo, una sostanza prodotta da numerose piante a protezione di batteri e funghi patogeni. Il resveratrolo è un antiossidante.

Storia dell’Uvalino
Un tempo era indubbiamente un vino di un certo prestigio, da fare bella figura regalandone una bottiglia ad una persona importante come il podestà, il medico del paese, il parroco e così via.
Ci sono pochi scritti riguardanti questo vino ma alcune dichiarazioni vocali consentono di confermare la sua esistenza nella Regione Piemonte già a fine Ottocento.
In quel periodo si diffonde nell’Astesana del Sud, con il centro a Costigliole d’Asti. Fino a cinquant’anni fa in questa zona non c’era impresa agricola che, pur essendo piccolissima, non impiegasse qualche filare dei propri vigneti all’Uvalino.
Trattandosi di un tipo di uva dalle qualità varie, si può scartare l’ipotesi che si tratti di un vitigno importato recentemente o a cavallo dell’Ottocento.
Se ne faceva uso nelle famiglie più benestanti e di alto lignaggio, puro o passito: disporre in casa di alcune bottiglie di Uvalino era un segnale di agiatezza economica. Nei tempi passati, dopo una fase di appassimento, l’Uvalino veniva usato per migliorare altri vini o vinificato in purezza per le grandi occasioni.
L’ Uvalino è stato riscoperto da Mariuccia Borio, produttrice vitivinicola della Cascina Castlet, presso Costigliole d’Asti.
In queste zone il Marchese Filippo Asinari, intuitivo viticoltore, effettuava i suoi esperimenti vitivinicoli, già agli inizi dell’800.
Sono ormai 27 anni che Mariuccia Borio si occupa di finanziare la ricerca universitaria per conservare e tramandare le coltivazioni di Uvalino.
L’imprenditrice ha iniziato nel 1992 piantando il primo filare di Uvalino: ebbene, oggi sono due vigneti di due ettari e poco più.
Con la vendemmia del 1995 ha cominciato a collaborare con l’Istituto Sperimentale per l’Enologiadi Asti.
Nel 2002 , finalmente, la Gazzetta Ufficiale attesta la rinascita del vitigno Uvalino che viene introdotto come varietà riconosciuta.
Con la vendemmia del 2006 ci fu la prima annata che fu commercializzata nel 2009. Attualmente vengono prodotte 5000 bottiglie di vino.

Geografia del vitigno
Costigliole d’Asti rappresenta la più ampia zona a vigneti del Piemonte: infatti, tra questi troviamo il raro vitigno Uvalino dal quale la famiglia Borio di Castlèt ricava l’Uceline.
L’Uvalino, tipico delle zone di Costigliole, Canelli e Montaldo Scarampi, veniva usato per dare robustezza ad altri vini e per la produzione della “quetta”, una bevanda estiva. Raramente si realizzava la vinificazione in purezza.
Per la viticoltura vengono utilizzate metodologie colturali moderne quali la crescita di erbe spontanee tra i vari filari. Questa tecnica consente di mantenere le condizioni di umidità in caso di forte caldo e di evitare eventuali frane qualora si verificassero piogge intense.
Un’altra tecnica consiste nella resa bassa dell’uva, controllata con lo sfoltimento e l’esfoliazione dei filari. Tale metodo favorisce l’adattamento della vite al caldo clima estivo, proteggendola da temporali e grandinate.
Queste particolari tecnologie servono, quindi a creare le condizioni meteo adatte all’allevamento di Uvalino contrastando i cambiamenti climatici attuali.
Le colture non vengono spinte con concimi chimici, bensì si utilizza del letame in fase di impianto dei vigneti.
L’ Uvalino predilige un terreno mediamente argilloso, esposto a sud-est, calcareo, come quello di Costigliole d’Asti.
Le viti di Uvalino vengono innestate su Kober 5BB, allevate in controspalliera, cioè con la struttura di sostegno orizzontale e contro i filari; vegetazione assurgente, ovvero che si sviluppa verso l’alto e densità di circa 4600 piante /Ha.
Il metodo di potatura utilizzato è il Guyot indicato proprio nelle zone collinari, con scarsità di piogge e dove la vite non cresce esageratamente.
Si tratta di un sistema tradizionale di allevamento della vite, perfezionato dall’omonimo vinificatore francese, verso la seconda metà del XIXsecolo.

Caratteristiche ampelografiche
Soggetto a maturazione tardiva, l’Uvalino ha la caratteristica di avere uve con moltissimi pigmenti e tannini; raccolte per ultime rispetto alle altre uve sono piene di estratto perciò vengono utilizzate perla fermentazione delle vinacce residue della torchiatura.
Le foglioline del germoglio presentano sfumature rosse mentre le foglie adulte sono di forma pentagonale, ondulate tra le nervature principali; il grappolo ha dimensioni medie e non è molto fitto. L’ acino è piccolo, tondo o lievemente appiattito, la buccia è spessa ed ha un colore molto intenso, blu-nerastro. Si tratta di un vitigno molto produttivo, leggermente soggetto ad acinellatura verdastra. Nelle uve sono presenti molti zuccheri e un po’di acidità nonché tanti polifenoli che possono rendere il vino un po’ amaro.

Caratteristiche degustative
Ha un magnifico colore rosso rubino intenso, tendente al porpora, con toni che mutano in base all’annata e al periodo di maturazione. Il profumo è molto deciso, ricorda la frutta matura, le spezie dolci, regalando sensazioni molto gradevoli. Il gusto è ben equilibrato ed asciutto, con una piacevole punta di acidità.
È un eccellente vino da conversazione; ottimo in abbinamento con carni e selvaggina ma in perfetta sintonia anche con formaggi molto stagionati.